«La santità di quel giovane giudice parla ai giovani». Sì, credibilmente
Gentile direttore,
papa Francesco ha apposto il sigillo per la beatificazione del giudice Rosario Livatino massacrato da alcuni sicari in odio alla religione. Una decisione soppesata dalla Chiesa che riconosce la santità di un uomo che ha saputo far rendere i propri talenti e che ha vissuto vita e professione in stretta sintonia con il Vangelo. Agli onori degli altari giustamente, soprattutto in tempi di intensa secolarizzazione e di affievolirsi della religiosità e dell’affezione alla Chiesa. Un chiaro segnale, dunque, indirizzato in particolare al mondo giovanile più che mai bisognevole di testimoni e di riferimenti autorevoli.
Sono d’accordo con lei, gentile signor Bazerla. La prossima beatificazione di Rosario Livatino è una gioia grande per quelli della mia generazione e un messaggio potente, che dobbiamo saper far arrivare. Testimoni così ci sono più che mai necessari, contro la mafiosità e contro ogni malavita. E mi piace usare l’aggettivo «credibili» accanto all’«autorevoli» che lei usa per qualificare i riferimenti da proporre ai più giovani. Sì, credibili, come in una delle frasi più celebri e, a volte stranamente mal comprese, del giovane e santo magistrato martirizzato dalla mafia: «Quando moriremo, nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma se siamo stati credibili». Un cristiano capisce al volo, e anche chi cristiano non è.