Il bene possibile. Le generosità personali e i bimbi nati per l’impegno dei Cav
Confessiamolo: a volte, sotto sotto, pensiamo che come noi ce n’è pochi. Poi però basta che all’orizzonte si profili l’occasione scomoda per fare del bene vero, che di solito è tale perché difficile, poco appariscente o sinora mai neppure ipotizzato, ed ecco che di colpo non ci sentiamo più all’altezza, o pensiamo che 'non fa per me': chi, proprio io? Non scherziamo, ci pensino altri. Che poi sia semplice realismo, vanità frustrata o umanissima paura di non farcela è sempre difficile dirlo con precisione, tale è il mistero della nostra coscienza, che spesso ci appare come una matrioska con sorprese senza fine.
Curioso, l’animo umano: aspira al meglio, ci spinge a lasciare il segno, fa pulsare forte il cuore per il desiderio di trasmettere il buono che abbiamo visto anche solo da lontano, e poi sul più bello ci lascia a piedi, per metà convinti che quel passo capace forse di imprimere una svolta alla nostra vita in realtà non sia quello che cercavamo, per metà delusi dallo scarso coraggio (o l’insufficiente fede) per affrontarlo. Non c’è da preoccuparsi, lo sappiamo: succede a tutti, non si deve essere troppo timorosi e tantomeno vili. Ma neppure scoraggiarsi per non aver osato: ci sarà occasione per un riscatto.
Basta, poi, non lasciarsela scappare. Piuttosto, ci dobbiamo augurare che ogni tanto capiti di imbattersi in gente che davanti alla scelta tra il salto in alto e il quieto vivere (tra 'scendere dal divano' e ' balconear', per dirla con il Papa) ha saputo scegliere la cosa giusta e ci mostri con semplicità che, a conti fatti, non è poi così difficile. Come risultato della disponibilità offerta vincendo le consuete esitazioni, e per il poco che ci pare aver seminato, il frutto può essere persino prodigioso.
In un Paese che forse sta perdendo di vista di cosa sono capaci i suoi cittadini nella quotidianità, è questo il caso – tra i tanti – dei volontari che si adoperano nei Centri aiuto alla Vita (i 'Cav'), nelle Case di accoglienza per ragazze madri o nelle sedi locali del Movimento per la Vita, a tutti i titoli immaginabili: dalla ginecologa al magazziniere, dall’operatrice che affronta il primo colloquio orientativo alla centralinista che risponde alle emergenze, fino allo psicologo, all’autista, alla cuoca, all’artigiano 'dalle mani d’oro', quello che fa funzionare qualunque cosa, rapporti umani inclusi.
Ciascuno di loro – e sono migliaia di persone comunissime, persino irrilevanti, secondo i criteri del mondo – a un certo punto s’è visto sbucare all’improvviso l’offerta di dare una mano, per quel che sa fare, niente di più: un poco di aria ripulita, un angolo di terreno sassoso da ripulire e mettere a coltura, il frammento di mondo che nemmeno s’era accorto fosse proprio lì, davanti ai suoi occhi, e che invece qualcuno gli ha mostrato dicendogli 'non vedi, quanto bene puoi fare?'. Conoscerli uno per uno, pescando a caso durante il meeting nazionale dei 342 Centri appena concluso a Lecce, è un’esperienza illuminante che talora commuove. Ascoltando storie di ordinaria generosità, con un bimbo che viene al mondo come risultato di un gran numero di ostacoli superati, non risaltano gesti di altruismo estremo, parole dettate da studi ponderosi o una sapienza smussata dalla macina di chissà quali esperienze professionali, ma un tracimare amichevole di umanità vicina, buona, diretta.
Non c’è eroismo da manuale, piuttosto un ritrovato senso di prossimità, la comprensione profonda del cuore dell’altro. Persone accanto ad altre persone. Hai detto che cercavi semplicemente un modo per renderti utile, e ti pareva poca cosa? Non avresti mai immaginato che tanti piccoli sì finalmente pronunciati anche a denti stretti avrebbero dato una somma così sproporzionata agli addendi. La nascita di centinaia di bambini – uno e poi un altro, e un altro ancora – è l’esito della combinazione di questi frammenti di generosità assemblati con una fantasia talvolta sfrenata. È l’umanissimo miracolo al quale apre la porta il 'bene possibile' messo in atto dalle forze limitate di tanti, le tue più le mie.
Bastano queste poche cose per mettere misteriosamente in gioco il moltiplicatore che permette risultati inimmaginabili, tra Centri aiuto alla Vita e Caritas, e poi parrocchie, associazioni, comunità, scuole, amici, famiglie... Il tessuto della dedizione al prossimo è un intreccio di sottilissimi, anonimi fili inestricabilmente serrati l’uno all’altro. I due spiccioli della vedova evocati dal Vangelo di domenica (nel rito romano) sono ancora lì a ricordarci che è tutto quello che abbiamo, ma è anche tutto quello che serve.