La risposta di dignità che dobbiamo saper dare alla sfida del lavoro cambiato
Caro direttore, ho vissuto la mia vita lavorativa nella 'Nuova Pignone' di Firenze, la fabbrica voluta caparbiamente da Giorgio La Pira, aiutato da Amintore Fanfani e realizzata dal grande Enrico Mattei, meritevoli di tanta gratitudine da migliaia di famiglie. Un percorso lavorativo segnato da una seria militanza sindacale, tanta politica rivendicativa che ha fatto da spinta al raggiungimento dello Statuto dei lavoratori e altre conquiste (più o meno socialmente rilevanti). In questo contesto non ho e non abbiamo mai temuto per la 'precarietà' del lavoro, abbiamo avuto il senso dell’appartenenza, testimoniata in tanti cantieri del mondo e vissuto il lavoro con dignità operaia e impiegatizia.
Questa sensazione di armonia nel privilegio della pensione è velata dal futuro dei nostri figli che vediamo demotivati, senza l’orgoglio dell’appartenenza, con la scure della 'precarietà' sempre sul capo. Purtroppo quei fanatici assassini brigatisti che uccisero Marco Biagi, non capiranno mai quanto male hanno fatto ai lavoratori, assassinando un uomo che stava lavorando perché non si togliesse l’anima al lavoro, per far sì che continuasse a soddisfare esigenze di sostentamento e di dignità. Le aziende sane che producono ricchezza oggi si avvalgono di 'agenzie' esterne per sopperire alle competenze e alle esigenze più svariate; finiscono per marginalizzare il personale che non 'appartiene' loro e al primo accenno di crisi si mandano a casa tutti costoro, senza porsi alcun problema morale e sociale. Io credo che come cristiani, ispirati dalla dottrina sociale della Chiesa, non possiamo accettare queste precarietà che rendono infelice chi cerca nel lavoro una vita dignitosa. Dobbiamo denunciare tutto ciò che rende strutturalmente e 'legalmente' precaria e sfruttabile la vita lavorativa delle persone.
Condivido il suo allarme, gentile signor Guivizzani. E il suo omaggio a Marco Biagi, assassinato dagli ultimi brigatisti rossi proprio perché cercava di costruire, nel tempo nuovo che s’annunciava e già cominciava, una concreta risposta di dignità alla sfida posta dalle nuove condizioni del lavoro e alla domanda dettata dalle sacrosante attese dei lavoratori e delle loro famiglie. Ce ne occupiamo da anni sulle nostre pagine; continueremo a farlo in questa nuova, criticissima e cruciale fase che si sta aprendo. Una stagione segnata dalla necessità della «conversione ecologica» dei sistemi produttivi, della resistenza attiva alla finanziarizzazione dell’economia e, contemporaneamente, dall’urgenza di preservare e valorizzare la nostra umanità (che è fatta di corpo e di anima) e il suo posto 'caldo' e centrale (e, dunque, non precario o addirittura abusivo) nella sempre più avanzata, gelida e calcolatrice civiltà delle macchine e delle intelligenze artificiali. Un bel tema anche per la campagna elettorale anticipata per il nuovo Parlamento che si sta aprendo e che speriamo non si riduca a un campo minato di slogan altisonanti, urticanti e vuoti. (mt)