La vera libertà. La riscoperta di una forza che dà frutti
Mentre l’aggettivo “virale” – usato e abusato a proposito della circolazione repentina e globale di contenuti sulle piattaforme social – sta mostrando tutta la sua drammatica concretezza, in tempo di emergenza coronavirus il cosiddetto “virtuale” ci mette di fronte a tutta la sua innegabile realtà, e anche alla sua faccia migliore. Vedersi e passare del tempo insieme stando ciascuno a casa propria, far circolare velocemente le disposizioni per ridurre il rischio di contagio, immaginare nuovi modi di didattica e accompagnamento a distanza degli studenti di tutte le età, organizzare gesti di sostegno per le persone sole, animare le città deserte con flash mob dove sentirsi insieme nonostante tutto e cantare la forza della vita, mentre i bambini sorridenti postano arcobaleni, con l’augurio che “tutto andrà bene”...
Sono solo alcuni dei tanti esempi che questi giorni ci hanno regalato: ragioni più che valide per benedire questo nostro mondo... onlife. Il virtuale è reale, ma non è solo questa la lezione che stiamo imparando da questo tempo sospeso. Per dirla con Kant, mai come oggi è evidente che «la solidarietà del genere umano non è solo un segno bello e nobile, ma una necessità pressante, una questione di vita o di morte». La tua vita dipende dalla mia, e viceversa. Siamo tutti davvero interconnessi, nessun uomo è un’isola, l’individualismo è una teoria ormai “falsificata” dalla “prova” del contagio.
Dobbiamo isolarci, ma è un movimento che ci viene difficile, e lo facciamo prima di tutto per il bene di altri, in particolare dei più fragili. Con-tatto: da evitare per proteggersi e proteggere. Perché ciò che facciamo ha sempre conseguenze, oggi lo capiamo drammaticamente. Nessuna nostra azione è a senso unico. Questo tempo ci sta insegnando la reciprocità. E ci ricorda anche che l’essere umano, oltre che sapiens, è anche donans.
Capace di mettere tra parentesi se stesso per il bene di tanti. Ce lo insegnano i medici, gli infermieri, gli operatori sanitari da settimane in prima linea, senza risparmio di sé e senza riposo, per curare chi è stato colpito, in condizioni ormai difficilissime. I nuovi angeli, li hanno chiamati, e a ragione. I nuovi Schindler. Questo tempo ci ricorda anche qualcosa che rischiavamo di dimenticare in tempi di normalità: che la libertà non è un possesso individuale a prescindere da ogni altra considerazione, ma si esprime in scelte responsabili, cioè consapevoli dei legami che fondano, sorreggono e alimentano la nostra vita. Quindi da un lato, come scriveva Hannah Arendt, la nostra libertà di esseri umani si esercita in condizioni di non-sovranità: mai come ora è evidente che della situazione non siamo in controllo, per quanti sforzi facciamo; ma ciò, dall’altro lato, non ci impedisce di essere liberi, che oggi vuol dire non assecondare i bisogni o i capricci bensì scegliere ciò che è bene per tutti. Tutto è unito da connessioni invisibili, diceva Einstein: non si può cogliere un fiore, senza turbare una stella. La consapevolezza di questo legame profondo che unisce i nostri destini è qualcosa su cui si potrà ricostruire un futuro più umano, meno infantile, più generoso e anche più libero.
Oggi poi diventa impossibile, cosa che normalmente ci viene naturale, rimuovere il pensiero della morte. Che si accompagna alla consapevolezza della nostra fragilità, e del fatto che non ci si salva da soli. Che ci aiuta ad apprezzare ciò che c’è, a riorientare le nostre priorità nel tempo che ci è dato. A trasformare una limitazione (nella mobi-lità, nella socialità) in occasione creativa, a immaginare nuove forme di lavoro, a mettere in discussione routine forse non così essenziali. A capire che il consumo non è l’unico modo, o almeno il più scontato, per sentirsi vivi. È un tempo difficile, pieno di incognite. Non ne usciremo necessariamente migliori, certamente non di default. Ma è un’occasione per capire che se siamo stati capaci di cambiare, da un giorno all’altro, abitudini che facevano da struttura alla nostra quotidianità, e se lo abbiamo fatto insieme, per il bene l’uno dell’altro, questa è una grande forza che potrà dare molti frutti.