Opinioni

Pubblica amministrazione alla svolta. La riforma è scritta ora c'è da farla

Sergio Soave mercoledì 5 agosto 2015
La riforma della pubblica amministrazione, vantata da Matteo Renzi con un po’ di enfasi come una pietra miliare del rinnovamento dell’Italia, potrà essere valutata appieno solo quando saranno emanate e messe in atto le numerose deleghe al governo che ne costituiscono l’ossatura fondamentale. Qualche aspetto però risulta già chiaro: è apprezzabile la durata fissa degli incarichi per i dirigenti pubblici, meno convincente la cancellazione della figura del segretario comunale, che potrebbe rivelarsi fonte di nuove lottizzazioni nei Comuni più grandi e privare quelli più piccoli di un servizio tecnicamente attendibile. Naturalmente si tratterà, anche qui, di vedere come saranno definiti i nuovi ruoli della dirigenza a livello statale, regionale e comunale. D’altra parte la delega alla riscrittura del testo unico del pubblico impiego permetterà, si spera, di risolvere le criticità emergenti. Il riordino delle forze di polizia, la riduzione del numero delle Prefetture e delle Camere di commercio, la riorganizzazione funzionale dei Ministeri sono tutti titoli che alludono a obiettivi di semplificazione e di razionalizzazione, di per sé condivisibili. Anche in questi casi naturalmente conterà poi l’attuazione concreta.Sul piano politico ha un particolare rilievo la decisione di precisare le funzioni del Consiglio dei ministri per rafforzarne la collegialità e mantenere l’unità di indirizzo (che è poi l’unica funzione costituzionalmente garantita al presidente del Consiglio). Un altro tema che ha suscitato interesse soprattutto per la recente denuncia della Corte dei conti è la sfoltitura delle società a partecipazione pubblica, che comincerà da quelle con bilanci in passivo, ma che seguirà un iter complesso e quindi prevedibilmente piuttosto lento.In generale si può dire che l’obiettivo, lo stesso che era alla base dei precedenti interventi di riorganizzazione, è quello di conferire più responsabilità alle strutture amministrative e burocratiche, e insieme di valutare come quelle responsabilità vengono concretamente assolte.Sbloccare un meccanismo in cui prevale la ricerca di una tranquilla continuità burocratica sull’iniziativa e l’innovazione necessarie per fornire risposte adeguate alle mutevoli esigenze dei cittadini e di una società che si modernizzano non è un problema che si risolve soltanto con un provvedimento di legge dall’alto. C’è da sperare che una leva di dirigenti qualificati e aiutati da un meccanismo di formazione continua, non destinati a occupare a vita le stesse posizioni ma impegnati a meritare giudizi positivi sul loro operato (ai quali è legata la prospettiva di carriera), fornisca quell’iniezione di capacità di iniziativa che è indispensabile per rianimare un sistema che sta annegando nella lentocrazia. Sarà anche importante gestire la riforma in modo rapido ed efficace, provvedendo a esercitare le numerose deleghe in tempi certi, in modo da fornire motivazioni a quella parte, tutt’altro che trascurabile, degli apparati pubblici che vive con disagio una condizione che la espone alla critica e all’insoddisfazione degli utenti senza fornire gli strumenti per dimostrare le proprie capacità largamente sottoutilizzate.I "fannulloni" prevalgono quando viene depressa e alla fine smontata la volontà di darsi da fare per affrontare in modo attivo i nodi e le difficoltà di un’amministrazione comunque assai complessa. Le intenzioni che stanno alla base della nuova legge sembrano andare nella direzione giusta. Le buone intenzioni, si sa, da sole non bastano, ma è meglio averle messe nero su bianco.