Chiesa cattolica unico bersaglio polemico per la «rivincita». La ricetta dei socialisti spagnoli: laicismo per coprire il vuoto di idee
Il Psoe (partito socialista operaio spagnolo) ha tenuto una importante conferenza programmatica in cui ha definito i suoi obiettivi per le elezioni che si svolgeranno nel 2015, con la speranza di capovolgere la tendenza elettorale negativa che, secondo i sondaggi, invece persiste, nonostante le difficoltà del Partido Popular, la formazione moderata oggi al governo, che subisce gli effetti di uno scandalo che ha portato in carcere il suo ex tesoriere. La conferenza si è svolta in un clima piuttosto esasperato, che ha visto coprire di fischi la voce del presidente che annunciava che il Psoe continua riconoscere la monarchia, anche se rivendica il valore della sua storia repubblicana, mentre tutta la sala in piedi si è accalorata in ovazioni all’annuncio della decisione di "rompere i rapporti" con la Chiesa cattolica, denunciando unilateralmente il concordato del 1979.
Il tratto laicista è stato l’elemento dominante, con la richiesta di restaurare la legge sull’aborto se saranno approvate le nuove norme proposte dall’attuale maggioranza parlamentare, l’abolizione dell’insegnamento della religione nei corsi scolastici regolari, l’esclusione dei simboli religiosi da ogni cerimonia pubblica. Si ha l’impressione che il rilancio delle tematiche anticattoliche, che com’è noto hanno avuto in Spagna anche una base di massa nell’anticlericalismo anarchico assai diffuso nella prima parte del secolo scorso, serva a rinsaldare l’unità di un partito che ancora non sembra in grado di offrire prospettive realistiche per affrontare la crisi economica e quella istituzionale che pesano sulle condizioni dei cittadini. Le proposte di politica economica, basate su non meglio identificate imposte patrimoniali che dovrebbero compensare l’esenzione fiscale totale per i redditi fino a 16mila euro, consistono nella revoca dei provvedimenti adottati dal governo di Mariano Rajoy, che hanno consentito alla Spagna di uscire dalla recessione.
Sul piano istituzionale, dove si presenta il grave problema rappresentato dalla volontà secessionista dell’amministrazione autonoma catalana, la risposta socialista è evasiva sul tema specifico posto da Barcellona, che chiede il «diritto a decidere», e rinvia tutto a una «trasformazione federale» dello Stato della quale non è nota la strumentazione specifica, ma solo il titolo.
Non è la prima volta che il Psoe di fronte a difficoltà concrete sceglie di evitare di intervenire con scelte chiare, e quindi inevitabilmente destinate a sollevare un confronto anche interno, per lanciarsi in campagne definite di "difesa della laicità" dello Stato, che hanno portato a sottolineare soprattutto le differenze e le tensioni con le religioni e in primo luogo naturalmente con quella cattolica, così intimamente legata alla storia e alla stessa esistenza dello Stato spagnolo. Questa laicità negativa, che invece di promuovere la libertà religiosa insieme a tutte le libertà civili punta a comprimere in un ambito puramente privato l’espressione della propria fede, ha caratterizzato soprattutto il secondo mandato di José Luis Rodriguez Zapatero alla guida del governo, insieme all’indecisione sulle misure da adottare per contrastare una crisi economica che all’inizio fu addirittura negata, e che ora arriva a colpire con la disoccupazione quasi un quarto della forza lavoro complessiva.
È da lì, probabilmente, che è cominciata la parabola involutiva, anche sul terreno elettorale, del socialismo spagnolo. E fa una certa impressione osservare che si voglia ripartire proprio da quell’errore per "rilanciare" il Psoe.