Opinioni

Il caso. Legge Severino e caso De Luca: la politica giochi d'anticipo

Danilo Paolini giovedì 23 luglio 2015
Nessun osservatore, neanche il più distratto, può ritenersi sorpreso dalla decisione presa ieri dal Tribunale di Napoli di accogliere il ricorso del presidente della Campania Vincenzo De Luca contro la norma della legge Severino in base alla quale, in quanto condannato in primo grado per abuso d’ufficio, era stato sospeso dal presidente del Consiglio neanche un mese fa. I giudici si sono richiamati esplicitamente a un precedente verdetto dei loro colleghi (di appello) di Bari sul consigliere regionale pugliese Fabiano Amati. Ma il fattore decisivo va ricercato assai più vicino, nel tempo e nello spazio: è la vicenda del sindaco di Napoli Luigi de Magistris, sulla quale - il giorno prima che Renzi sospendesse De Luca - si era espressa la medesima prima sezione civile del Tribunale del capoluogo campano. Nulla di nuovo sotto il sole abbagliante delle italiche controversie, insomma. E non solo perché il collegio giudicante non poteva certo smentire se stesso, per altro in un lasso di tempo così breve. Il fatto è che dal vissuto del Paese sembra ormai emersa con chiarezza la necessità di rivedere il 'Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto a ricoprire cariche elettive' (questo il vero titolo della 'Severino'), quanto meno per la parte relativa agli amministratori locali. È quasi ovvio, infatti, che la sospensione in base a una sentenza non definitiva di un sindaco o di un presidente di Regione scelti dai cittadini dia luogo a ricorsi e controricorsi.  A fine ottobre si pronuncerà la Corte Costituzionale, che era già stata investita della questione e alla quale il giudice di merito ha rimesso ieri anche gli atti del caso De Luca. Ma non basta. Meglio, non dovrebbe bastare a un sistema politico accorto e attento alla trasparenza e alla funzionalità delle amministrazioni locali. Perché più in generale, andando cioè oltre la normativa in oggetto e i casi citati, se si vuole evitare che gli intoppi capitino 'a valle' (cioè con l’intervento delle procure o dei tribunali a elezioni ormai avvenute) non resta che intervenire 'a monte', selezionando candidature il più possibile inattaccabili.