La Pira. Una figura che ridà senso all’impegno
Giorgio La Pira: un uomo che ha scritto tanto, di cui hanno scritto e scriveranno tanto. Quali parole possiamo aggiungere, allora, all’indomani dell’autorizzazione che papa Francesco ha concesso alla Congregazione delle cause dei santi per promulgare il decreto sulle «virtù eroiche del servo di Dio Giorgio la Pira»? Prima le parole del dovere. Il Papa compie un gesto di grande valore spirituale, simbolico e concreto, sia per i cattolici e i cristiani che per tutti gli uomini: stimola la vigilanza della memoria in un tempo in cui è certamente difficile un tale esercizio.
Ripropone la freschezza e la forza di una testimonianza a tutti noi che abbiamo bisogno di orientamento per la nostra vita. Dunque dobbiamo dire grazie a papa Francesco e a tutti coloro che in vari modi, da anni, con pazienza e tenacia, hanno raccolto la necessaria e oggettiva documentazione per giungere a un traguardo che ci auguriamo sia punto di partenza per l’obiettivo del riconoscimento della santità di La Pira. Poi le parole della ragione. Il processo che è stato avviato pone all’attenzione un laico, professore e politico, sindaco e parlamentare, che costruiva incessantemente un pensiero ordinatore sul mondo e che lo sperimentava nell’ambito della vita civile, attendendo la verifica della storia.
Nell’epoca del tempo fatto breve, istantaneo, e dello spazio virtuale che si confonde con quello reale, una riflessione laica, ampia e distesa sulla politica, innestata in un pensiero sul mondo, è quanto mai necessaria è urgente. Riproporre all’attenzione del mondo la figura di La Pira potrebbe servire a una ripresa della razionalità sul corto circuito politica-emozioni collettive-informazione/media. Quindi le parole della fede.
Se un uomo pubblico come La Pira si è meritato una stima vasta, oltre i confini nazionali e culturali, oltre un’appartenenza religiosa e confessionale, sarà utile contemplare quel dinamismo profondo che coniugava l’ispirazione cristiana alla visione prospettica sulla storia. Forse è utile ricordare alcune parole di La Pira, quando si rivolse alla Comunità degli scrittori europei nel 1962: «Siamo ormai sul crinale apocalittico della storia: in un versante c’è la distruzione della Terra e dell’intera famiglia dei popoli che la abitano, nell’altro versante c’è la fioritura messianica dei mille anni intravista da Isaia, da san Paolo, da san Giovanni: i popoli di tutta la terra e le loro guide politiche e culturali sono oggi chiamate a fare questa estrema scelta.
Per non compiere il suicidio globale e per andare, invece, nel versante nella pace millenaria bisogna accettare il metodo indicato dal profeta Isaia: bisogna, cioè, trasformare i cannoni in aratri e i missili in astronavi, e non devono più i popoli esercitarsi con le armi». Da ultimo le parole del cuore. Quando si ripensa a una grande figura che ha seminato di così grande e insolita speranza il pensiero e l’azione di tanti è immancabile l’emergere di un tratto nostalgico.
Ma possiamo riporlo immediatamente: non saremmo sintonizzati con Giorgio La Pira. Anche perché tutta la sua vita ebbe un marcato accento sul futuro, e ci ha insegnato un metodo cui possiamo attingere, da vivere e insegnare: la coltivazione della vita interiore per generare vocazione e visione autentiche. Così visse Giorgio La Pira, così i santi, tutti, così a noi spetta il compito di stabilire con loro una relazione santa.