Coronavirus. Questa nostra responsabilità e la luce nel buio
Ora è ufficiale: quella diffusa dal coronavirus in Cina, in Italia e in vari altri Paesi, non è più un’epidemia, ma una pandemia. Perché è ufficiale? Perché lo afferma il presidente dell’Organizzazione mondiale della sanità, l’Oms, in una conferenza stampa sul coronavirus, a Ginevra. Il termine pandemia è più grave di epidemia. Indica un’epidemia che invece di diffondersi su un’area più o meno larga, si diffonde su tutto il mondo. Riguarda l’umanità.
Lo dice adesso, perché adesso la malattia ha assunto proporzioni che fino a ieri ci si augurava di poter evitare, per il bene di tutti. La malattia vien combattuta ovunque, dove si presenta, e da noi in Italia con misure più drastiche rispetto ad altri Paesi, eppure avanza: dove c’è diventa più maligna, e dove non c’è tende a entrare. La sua caratteristica più temuta non è la letalità, ma la contagiosità. È questo che l’ha portata ad essere da un’epidemia, diffusa su un popolo, epì démos, una pandemia, diffusa dappertutto, pan. In 14 giorni i casi fuori della Cina sono aumentati di 13 volte, e il numero dei contagiati è triplicato. Noi in Italia facciamo il massimo, chiedendo il massimo di responsabilità a ogni cittadino.
Tuttavia il progresso della malattia può essere rallentato e contenuto, non cancellato con un colpo di bacchetta magica e il numero dei contagiati che si ritrovano nello stadio grave della malattia, quello bisognoso di cura immediata con intubazione, è cresciuto così tanto, da raggiungere e scavalcare la disponibilità di posti nelle nostre strutture di rianimazione. Viviamo nel terrore di non poterli accogliere tutti. Non poterli curare. Non poterli salvare. Se da epidemia diventa pandemia, il fenomeno invaderà altri Paesi, anche e soprattutto poveri, impreparati o inadeguati, e il problema della non curabilità di tutti i pazienti si allargherà drammaticamente. Se posso, da non–medico, non lavorante nelle strutture ospedaliere, delle quali sono soltanto un saltuario ospite come voi, indicare quale può essere una via di speranza, che riduca la gravità della malattia e quindi il numero dei ricoverati e quindi il numero dei morti, nomino la scienza.
Proprio mentre l’Oms viene fuori con questo nome terribile e disperante di pandemia e mentre diventa sempre più chiaro che il cammino verso un vaccino non durerà meno di un anno, la scienza annuncia altre ripetute speranze, che emergono da farmaci già in uso ma per altre malattie, e che ora da soli o mescolati fra loro si dimostrano efficaci anche contro il nuovo coronavirus. Più d’uno di questi farmaci sono lanciati o rilanciati da ospedali italiani. Sono stati provati, si son mostrati efficaci, vengono riprovati. Gli studiosi ci lavorano giorno e notte, non dormono, non mangiano, lavorano finché crollano dal sonno. Siamo in un tunnel buio. Loro hanno acceso un fiammifero. Tutti fissiamo quella lucetta.