È mezzanotte a Milano, fuori da una sala Bingo, in una zona che non è centro ma nemmeno troppo periferia, l’incrocio tra viale Zara e viale Marche. Tre giovani dai 24 ai 28 anni, due con precedenti per rissa, vengono alle mani con un altro ragazzo, di 34 anni, con precedenti per ricettazione. I tre, filippini, sono ubriachi, e per una ragione che sembra legata allo spaccio di stupefacenti incominciano a pestare selvaggiamente il ragazzo, un connazionale. Calci e pugni, pugni e calci, sul marciapiede. Attorno alcuni si fermano a guardare, alcuni continuano a camminare a testa bassa, qualcuno prova a intervenire per fermare l’aggressione. Qualcuno filma col cellulare, lo smartphone.È una scena di allucinante follia urbana, che si conclude con la morte del giovane picchiato – abitava in zona, era sposato, aveva una figlia – poche ore dopo in ospedale. È, soprattutto, una scena alla quale hanno già assistito molti spettatori, per gli attimi che è stato possibile. Perché uno di quei video girati col cellulare è stato messo su Facebook, rilanciato da molti siti internet di informazione (con l’immancabile spot pubblicitario prima delle immagini di violenza e di morte, poi ipocritamente «sconsigliate a un pubblico sensibile»), passato in tv. Tutti potenzialmente siamo stati e saremo spettatori di questo fatto di cronaca violenta, non solo a causa delle onnipresenti "telecamere di sorveglianza".Oggi gli occhi del Grande fratello sono nelle tasche e nelle borse di tutti noi, i cellulari con telecamera integrata, e la ripresa di qualunque evento diventa disponibile con due tocchi sullo schermo, per essere condivisa quasi in tempo reale. Non è la prima volta che la morte è filmata e mostrata. Ma è forse la prima volta in Italia, a Milano non a caso, che è ripresa e condivisa dai cittadini testimoni. Il luogo comune descrive Milano come la città indifferente, che corre e non si ferma mai. I suoi sono i "passanti"! per eccellenza. Anche il video potrebbe confermarlo. Un ragazzo steso sul marciapiede sta morendo, la gente va oltre a testa bassa. E così anche il racconto dei nottambuli che filmano e non intervengono sarebbe la cronaca di una enorme indifferenza, un inquietante distacco metropolitano. Invece il confine è molto più sottile, labile la base del giudizio. La neutralità degli strumenti, e di una tecnologia che trasforma tutti in reporter, sempre e ovunque, rende meno banali anche i luoghi comuni con gli esseri umani protagonisti.Quel video, come altri, è servito ad arrestare i giovani protagonisti del massacro. È stato girato da un consigliere di zona che passava da quelle parti e si è fermato, forse anche per tentare di porre fine al pestaggio, è stato postato sui social network nell’attesa di rendere testimonianza al comando dei Carabinieri, in piena notte. Un’altra persona, nelle immagini, tenta di fermare la violenza, ma è ormai troppo tardi. Nella pagina Facebook dell’autore del filmato c’è lo spazio per una breve preghiera. E per i commenti degli "amici", giudizi duri o frasi di compassione. Può sembrare un racconto di umana freddezza, di cinico voyerismo, ma può essere anche una vicenda importante di cronaca civile. È un margine sottilissimo a separare due mondi. In un’epoca nella quale i cittadini non sono più semplici passanti, ma sempre potenziali cronisti, operatori, testimoni, il vero e decisivo sforzo di responsabilità è riuscire a mantenere in quello spazio minimo che la tecnologia ci consente, tutta l’umanità di cui disponiamo.