Il direttore risponde. La memoria costruisce la pace
Caro direttore,
è bastato un applauso, un fragoroso e lunghissimo applauso dei quasi millecinquecento presenti al Teatro Rossetti di Trieste per la prima di "Magazzino 18", per far tacere di colpo le polemiche e per regalare agli istriani, fiumani e dalmati un riconoscimento atteso da più di 60 anni. Ora possiamo smettere di vergognarci. Come persone e come italiani possiamo smettere di vergognarci per non aver saputo, per non aver capito e per aver accettato supinamente un altro ingombrante silenzio della storia italiana… È vero sono parte in causa: "Magazzino 18"’ è scritto da Simone Cristicchi e da me, ed è interpretato magistralmente dal cantautore romano grazie alla riuscita ed equilibrata regia del maestro Antonio Calenda. Ma è un fatto che, nel suo piccolo, abbia segnato la storia nel nome della rappacificazione nazionale. Tra italiani, certo, ma anche tra gli italiani e il mondo slavo degli sloveni e dei croati. Finalmente, grazie alla forza pervasiva del teatro, possiamo dire di conoscere tutti gli aspetti della drammatica e complessa vicenda degli italiani d’Istria e di Dalmazia, una storia di cui le foibe sono solo l’emblema più cruento. Eppure, caro direttore, in tanti hanno provato nei giorni precedenti al debutto a "sabotare" il senso dello spettacolo. In tanti, tra i professionisti della polemica, hanno tentato di trasformare "Magazzino 18" nel solito, ennesimo, campo di battaglia su cui brandire, gli uni contro gli altri, i torti subiti. E allora tutti a reclamare il diritto di aggiungere una frase, togliere un aggettivo, ridimensionare i crimini dei titini o sottolineare le responsabilità del fascismo. Nel bell’articolo scritto sul suo giornale da Lucia Bellaspiga (20 ottobre 2013) vengono spiegati lucidamente i perché di tante rivendicazioni: il dolore se non elaborato dalla parola e dalla memoria innalza muri di rancore invalicabili. E allora, caro direttore, mi chiedo: può uno spettacolo teatrale, che sta incontrando enorme entusiasmo in tutte le sue repliche, chiudere questa pagina del XX secolo e consegnare ai nostri figli la memoria? Le lacrime liberatorie di chi era al Rossetti, gli applausi, i tricolori sventolati in sala e l’inno nazionale cantato dal pubblico al termine dello spettacolo ci donano la speranza che dopo aver conosciuto e riconosciuto, tutti noi italiani potremo finalmente ricordare in pace.
Jan Bernas