Dopo il referendum. La lotta alla povertà non sia ostaggio della crisi politica
Caro direttore,
da diversi anni nel nostro Paese la povertà è diventata una emergenza nazionale, un vero flagello soprattutto per il Sud, dove la percentuale di individui in condizioni di indigenza raggiunge il 46,4% contro il 22,8% del Centro ed il 17,3% del Nord. Non si può più andare avanti così. Il giornale che lei dirige ha lanciato con l’editoriale di Francesco Riccardi di mercoledì scorso, 7 dicembre, un pubblico appello a tutte le forze politiche responsabili per dare seguito effettivo ed efficace, anche in questa fase di crisi post-referendaria, alle prime misure organiche sulla povertà definite dal dimissionario Governo Renzi.
Noi, come Cisl, ci siamo rivolti direttamente al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, affinché ponga davanti al Senato l’urgenza di approvare definitivamente le norme sulla povertà. Chiediamo, cioè, che si affrontino assieme emergenza politico-istituzionale ed emergenza sociale.
Sembrava che finalmente si potesse avviare un efficace Piano nazionale di lotta alla povertà e all’esclusione sociale con l’introduzione dal prossimo anno di un sostegno minimo al reddito, connesso a un percorso di inclusione socio-lavorativa per i beneficiari. Invece, la crisi politica nella quale stiamo entrando rischia di trascinarci nuovamente indietro nel tempo, travolgendo quanto di buono era stato faticosamente conquistato. Il Ddl delega, approvato prima dell’estate dalla Camera, potrebbe rimanere bloccato al Senato e non avere, domani, un Governo in grado di completarne i decreti delegati. Senza un Piano adeguato anche i fondi provenienti dall’Europa, a sostegno dei servizi, potrebbero, data la loro natura temporanea, non essere reiterati.
La politica, almeno su questo tema, dovrebbe lasciare da parte le contrapposizioni e cooperare nell’interesse del Paese. I governi che si sono succeduti dall’inizio della crisi economica (Berlusconi, Monti e Letta) avevano sottovalutato il problema 'povertà', affrontandolo solo con misure tampone, frammentarie e insufficienti (si pensi, per esempio, alla Social Card tradizionale). Negli ultimi due anni però qualcosa è cambiato. Si è creata tra i sindacati e le organizzazioni sociali e del Terzo settore una vasta 'Alleanza contro la povertà', con la Cisl in prima linea, che ha elaborato quella proposta – che i lettori di 'Avvenire' conoscono bene – di Reddito d’inclusione sociale (Reis) per tutti i poveri assoluti, accompagnato da un percorso di reinserimento socio-lavorativo con adeguati servizi alla persona. Tale proposta è stata portata più volte all’attenzione del Governo Renzi e del Parlamento ed è tutt’ora considerata come una delle più valide sul campo.
Finalmente si è generato un processo virtuoso che ha portato a scelte innovative da parte governativa, con la creazione di un Fondo strutturale per finanziare la lotta alla povertà e all’esclusione sociale (un miliardo di euro all’anno) nella scorsa Legge di Stabilità cui è seguita poi la presentazione in Parlamento dell’ormai noto Disegno di legge delega. L’'Alleanza contro la povertà' su nostra proposta, aveva già pronto un emendamento alla Legge di bilancio all’esame del Senato, con largo consenso, che avrebbe potenziato le risorse per il contrasto alla povertà già dal 2017, veicolandole verso i Servizi di inclusione proprio perché questi necessitano di sostegni strutturali soprattutto nelle aree più fragili del Paese. Ora non sappiamo che fine farà tutto ciò.
Ci auguriamo, almeno, che l’iter venga completato, e che la stessa priorità data alla legge elettorale il Parlamento la riservi anche ai provvedimenti pronti da tempo per il contrasto a povertà ed esclusione sociale. Questo sarebbe certamente un segnale giusto e puntuale per riavvicinare le istituzioni al Paese reale che soffre.
*Segretario Confederale Cisl, responsabile Politiche Sociali