La lingua italiana il buon esempio del premier Draghi e un piccolo perché
Caro direttore,
in una lettera precedente avevo auspicato che le celebrazioni dantesche potessero incidere sulla promozione della nostra lingua italiana, liberandola dai termini stranieri. Leggendo “Avvenire” del 23 luglio colgo un esempio concreto, offerto dal nostro premier Draghi, il quale nell’intervista sui vaccini (del giorno prima) chiama ostentatamente il “Green pass” “Certificato verde”, per non cadere nell’anglicismo corrispondente.
Apprezzo stile e scelte lessicali del presidente del Consiglio, che è tra l’altro un perfetto anglofono e dunque non ha alcun problema a maneggiare e masticare quella lingua ormai così invadente (di fatto, la sola “testa di ponte” che gli inglesi hanno lasciato in Europa dopo la Brexit). E credo anch’io che quello che lei cita sia un buon esempio di pacata resistenza italofona. Detto questo, ho spesso ricordato che un grande vantaggio competitivo della lingua inglese, uno dei motivi del contagioso favore di cui gode, è la stringatezza. Mi spiego con un piccolo conto terra terra: Green pass impegna 10 battute tipografiche, Certificato Verde ben 17 battute. Quando si tratta di fare un titolo, lo confesso da giornalista, quel 10 invece di 17 fa una decisiva differenza, e anche questo spiega la fortuna della locuzione Green pass. Ma capisco, mi creda, la sua appassionata rimostranza.