Memorandum. La lezione dei poveri: cosa insegna l'intesa tra governo e Alleanza
La firma del memorandum «in merito all’attuazione della legge delega di contrasto alla povertà» ha un valore che trascende i pur importanti contenuti. È la prima volta, infatti, che un governo si impegna a concordare e seguire alcuni criteri guida nell’attuazione di una legge con un soggetto sociale composito e non semplicemente portatore di interessi in materia, come appunto l’Alleanza contro la povertà, cartello nato dalla spinta di Caritas e Acli, al quale si sono via via uniti i sindacati confederali, gli enti locali, numerose associazioni e Ong.
Si tratta addirittura di un triplice riconoscimento. Il primo è quello di una rappresentanza sociale generale che l’Alleanza evidentemente può vantare forte del suo impegno di cura dei poveri sui territori e dell’essersi fatta loro "voce" fin da quando il tema non aveva alcuna visibilità politica. Il secondo è quello della competenza: l’Alleanza si è conquistata voce in capitolo, perché da anni ha elaborato una proposta concreta e fattibile (quella del Reis) che i governi Letta prima, quelli Renzi e Gentiloni poi hanno assunto a modello per costruire il Reddito di inclusione approvato con la legge delega. Dimostrando così che c’è ancora una importante elaborazione anche culturale che la società civile, i corpi intermedi sono in grado di elaborare e proporre al Paese, non per un mero interesse "di bottega" ma per favorire la crescita del bene comune. Il terzo e più importante riconoscimento è però quello del ruolo. La firma del memorandum, infatti, è soprattutto la presa di coscienza da parte del governo che non è possibile affrontare un problema sociale, drammatico e complesso come quello della povertà, ancora pensando di essere autosufficiente. Sia nella fase di costruzione del meccanismo, sia in quella di esercizio, quando sarà necessario dar corpo non solo all’erogazione monetaria degli aiuti alle famiglie povere, ma soprattutto ai servizi di accompagnamento per l’uscita dalla miseria e per una reale inclusione delle persone nel lavoro e nel tessuto sociale. Il fatto che nel memorandum sia stabilito che almeno il 15% delle somme stanziate deve essere destinato in maniera continuativa al finanziamento dei servizi ne è la riprova.
Qualcuno, ieri, ha parlato di «svolta storica». Di certo siamo all’opposto della svalutazione dei corpi intermedi, di quella disintermediazione teorizzata tanto all’avvio della premiership di Matteo Renzi quanto ora da chi, come il Movimento 5 Stelle, si candida a guidare il Paese dopo le elezioni. Ed è anche la prima lezione che la politica dovrebbe mandare a memoria: le ricette preconfezionate e calate dall’alto hanno vita breve. Non si aiutano i poveri, ci si aiuta assieme ai poveri.