Fondazioni. La sfida dell’inclusione lavorativa
Si celebra domani l’undicesima edizione della Giornata Europea delle Fondazioni, promossa fin dal 2013 da “Dafne, Donors and foundations network in Europe”, rete europea delle associazioni nazionali di fondazioni, oggi confluito in “Philea, la Philanthropy Europe Association”. Il tema della giornata è: «Costruire il domani, insieme». Acri, l’organizzazione che rappresenta il sistema delle Fondazioni di origine bancaria e delle Casse di Risparmio, ha scelto di declinare questo tema in Italia, ponendo l’accento sull’inclusione lavorativa. Alla giornata aderisce anche Assifero, l’associazione degli enti filantropici italiana. La decisione di Acri mira a richiamare l’attenzione su un tema particolarmente rilevante per il nostro Paese.
L’Italia, infatti, presenta livelli di occupazione sensibilmente inferiori rispetto ai principali Paesi Europei, in particolare per alcune categorie, quelle più fragili, come i giovani che non hanno acquisito un titolo di studio o una qualifica professionale, le donne (soprattutto quelle gravate da carichi di cura) o le persone con disabilità. I dati più recenti indicano ad esempio come a fronte di un tasso di disoccupazione complessivo del nostro Paese del 7,6% (contro il 6% europeo), quello femminile raggiunge l’8,7% (superiore di 2,5 punti percentuali rispetto alla media Ue). La differenza cresce in modo esponenziale per la disoccupazione giovanile, che tocca il 22,1%, oltre 8,2 punti percentuali in più del resto continente: complessivamente, in Italia circa 2 milioni di ragazze e ragazzi vengono classificati come Neet, ovvero persone che non studiano e non lavorano.
È una situazione che genera conseguenze drammatiche a livello individuale, poiché il lavoro è uno dei pilastri fondamentali della nostra vita, che rischia di essere insostenibile anche per la nostra società nel suo complesso, con implicazioni – in termini di mancanza di disponibilità di forza lavoro e di sostegno al welfare complessivo – già oggi gravi e destinate ad essere accentuate dal progressivo invecchiamento della popolazione. Ogni anno le Fondazioni, autonomamente e attraverso una importante azione “di sistema” – il Fondo per la Repubblica Digitale – destinano circa 50 milioni di euro a iniziative volte a favorire l’inclusione lavorativa, coinvolgendo oltre 30mila persone.
La sola Fondazione Cariplo, negli ultimi 5 anni, ha indirizzato risorse per oltre 27 milioni di euro al sostegno di 160 progetti di inclusione lavorativa sul territorio lombardo e nelle province di Novara e del Verbano Cusio Ossola, grazie ai quali oltre 15mila persone in difficoltà hanno potuto trovare un’opportunità di inserimento lavorativo. Sono numeri importanti, ma purtroppo piccoli rispetto alla dimensione complessiva del problema. Questi progetti, però, hanno anche consentito di comprendere e sperimentare alcune modalità di intervento che potrebbero incrementare sensibilmente l’efficacia delle politiche di inclusione lavorativa. Occorre, innanzitutto, prevedere azioni ad hoc per “agganciare” le persone che non si rivolgono autonomamente ai servizi per il lavoro, adottando forme di contatto che le intercettano nei contesti che frequentano abitualmente, anche digitali (ad esempio attraverso il ricorso ai social network), e accompagnarle nelle fasi di ingresso nel mondo del lavoro per superare le difficoltà di inserimento iniziali. È inoltre importante rafforzare la capacità dei territori (servizi, aziende, terzo settore), di promuovere iniziative efficaci per il mantenimento e la crescita di opportunità occupazionali, agendo su una formazione mirata alle esigenze del territorio e adottando modalità di organizzazione del lavoro più inclusive.
Soprattutto, è necessario integrare domanda e offerta attraverso progettualità che non siano “standardizzate”, ma tengano conto delle specifiche caratteristiche dei destinatari ai quali sono rivolte, ciascuno dei quali è una persona, differente da tutte le altre, che vuole essere trattata come tale. Sono interventi che richiedono una nuova consapevolezza a imprese e terzo settore. Le prime non devono vivere l’inclusione lavorativa come un obbligo o beneficenza, ma come un possibile valore aggiunto per il proprio contesto lavorativo; è ormai un dato acquisito che l’adozione di politiche di sostegno a diversità e inclusione generano un effetto positivo sul clima aziendale. Il secondo, che svolge già oggi un ruolo fondamentale, può aiutare la diffusione di soluzioni innovative e buone pratiche. Spesso si dice che le innovazioni nascono dalla capacità di trasformare un problema in una opportunità. Ecco, la sfida che le Fondazioni si pongono nel campo dell’inclusione lavorativa è proprio questa, e in questa sfida vogliamo essere in prima linea.
Presidente di Fondazione Cariplo