Il cammino sinodale. Cristiani per il bene di tutti: la grande sfida del qui e ora
Qui e ora. Sono le coordinate che danno il senso autentico dell’evento che vede impegnata la Chiesa italiana in questi giorni. Coordinate che accompagneranno ognuna delle mille persone, tra laici, donne e uomini, adulti e giovani, vescovi, sacerdoti, diaconi, religiose, religiosi, provenienti da tutta Italia e riuniti a Roma nella Basilica di San Paolo fuori le Mura per la prima Assemblea ecclesiale delle Chiese in Italia. Perché non c’è tempo più propizio e non c’è spazio migliore di quelli in cui viviamo per dare corpo a scelte coraggiose. E per tracciare rotte che permettano a tutto ciò che è «genuinamente umano» di trovare eco nel cuore della comunità cristiana, secondo l’appello contenuto nell’incipit della Gaudium et spes, la Costituzione del Concilio Vaticano II sul rapporto tra Chiesa e mondo contemporaneo.
A questo compito oggi, ora e qui, la Chiesa in Italia vuole dare risposta. Anzi, come ricorda la dicitura ufficiale dell’evento, le “Chiese”, al plurale, perché la fede è un’esperienza di diversità, di incontro tra lontani, di intreccio di storie, di voci, di volti, che si declina lì nei luoghi dove abita la comunità.
La fede è relazione, tra Dio e l’umanità, tra donne e uomini di ogni tempo e di ogni luogo, e la relazione è difficilmente incasellabile dentro definizioni e documenti. Ecco perché il Cammino sinodale, quel percorso di ascolto e discernimento avviato tre anni fa in tutte le Chiese d’Italia, è stato pensato come un’occasione per curare prima di tutto le relazioni: è nello stare insieme, nel condividere, nell’aprirsi agli altri, che si crea quello spazio generativo in grado di dare forma alla storia, di cambiare le vite, di curare l’anima di un intero Paese.
Un Paese, l’Italia, la cui identità – come dimostra la ricerca del Censis pubblicata in questi giorni e anticipata da Avvenire – è ancora profondamente legata al Vangelo, a quei valori che danno sostanza alla dignità di ogni essere umano a partire dalla sua radice divina. Ecco perché i mille delegati riuniti a Roma non stanno solo dando corpo al progetto di una Chiesa che, sciogliendo alcuni nodi della vita pastorale, cerca sempre nuovi modi per accogliere in sé e dare senso agli interrogativi più profondi, alle speranze più grandi, alle ferite più dolorose dell’umanità del nostro tempo, ma possono fare del bene all’intero Paese, più di quanto accaduto finora.
Mettere mano a questo progetto tutto ecclesiale significa continuare a dare linfa all’intera opera di bene che i cattolici da sempre offrono alla società italiana. Un impegno capillare che in tantissimi modi accompagna le persone dalla nascita fino all’ultimo passo su questa terra, passando per tutte le fasi cruciali dell’esistenza. Da dove viene l’enorme sforzo di enti, gruppi, associazioni che si prendono cura degli ultimi, dei poveri, dei bisognosi, dei fragili? Dove nasce la grande tradizione delle strutture di cura? Quali radici ha l’opera educativa che ha il volto di scuole, corsi, percorsi formativi? Che origine ha l’impegno degli organismi e delle iniziative che cercano di dare un volto umano alla vita politica del Paese?
Qui e ora: i delegati a Roma hanno proprio l’impegnativo compito di continuare a dare sostanza alla base che regge l’intera vita della Chiesa e con essa tutto ciò che i cattolici vivono e fanno nel nostro tempo e nel nostro mondo. Non è riconducibile e riducibile a una semplice “riforma strutturale” quella che si cerca di costruire attraverso l’Assemblea sinodale e tutto il Cammino in atto in questi anni. Perché da un lato si cerca di cambiare le cose, è vero, di attivare nuovi processi in grado di stare dentro alla contemporaneità, discutendo di cose molto concrete come il cambiamento nella gestione e nell’amministrazione, la partecipazione di tutti agli atti deliberativi, la valorizzazione del ruolo delle donne e dei giovani. Dall’altro lato, però, il Cammino sinodale non fa altro che mettere in luce la natura più profonda della Chiesa, che fin dai primi secoli vive in un costante lavoro di riforma di se stessa perché il patrimonio di cui non è “proprietaria” ma solo “amministratrice”, il messaggio del Risorto, la promessa di una vita che non finisce, continui a parlare a tutti.
Qui e ora: il bene dell’Italia passa anche dal confronto, non sempre facile, alle volte rallentato da vecchie incrostazioni o dalla paura del cambiamento come è umano che sia, che ha portato la Chiesa italiana a questo punto, all’aula della basilica di San Paolo fuori le Mura. Un lavoro che riguarda da vicino tutti noi, più di quanto pensiamo, perché, alla fine, è solo facendo risuonare l’eco dell’infinito nel cuore, che possiamo dare un senso alle “cose finite” della nostra quotidianità.