23 ottobre. Giornata missionaria mondiale: il compito di dare testimonianza
Quanto sta avvenendo oggi sul palcoscenico internazionale esige un sussulto di missionarietà. “D'altronde, la crisi armata che insanguina attualmente l’Ucraina, a seguito dell’invasione russa del 24 febbraio scorso, sta avendo delle forti ripercussioni a livello planetario”.
Il drammatico puzzle della «Terza guerra mondiale a pezzi», evocato per anni da papa Francesco, si sta componendo oggi a partire dall’Europa Orientale. Col risultato che si acuiscono le complicanze nel ricercare un’intesa che scongiuri inutili spargimenti di sangue. Tutto questo con l’aggravante, nelle periferie geografiche ed esistenziali, di convergenze opportunistiche o ambigui allineamenti attorno alle armi che si vendono e al sangue che si versa nel cosiddetto “resto del mondo”.
Basti pensare alla crisi armata nell’Etiopia settentrionale, o alle tante guerre dimenticate in corso nell’Africa subsahariana. E cosa dire della crisi economica di portata planetaria che sta evidenziando sempre più le interconnessioni e dunque le dipendenze tra i vari continenti?
È evidente che andando avanti di questo passo, tanta parte dell’umanità rischia di precipitare nei bassifondi della Storia e l’ombra dell’apocalisse nucleare sui allunga su tutti e tutto. Per questo siamo chiamati a una decisa assunzione di responsabilità cercando non solo di rendere intelligibili i «segni dei tempi» come auspicato dal magistero del Concilio Vaticano II (che nell’ottobre di sessant’anni fa trovò il suo incipit). Occorre soprattutto operare un sano discernimento contrastando il pensiero debole, quello dei profeti di sventura; uno stato d’animo, quello di tanta gente, acuito dalla paura che non solo disperde le energie, ma asseconda la sfiducia e la rassegnazione rispetto ai dinamismi odierni.
La celebrazione della Giornata missionaria mondiale, domenica 23 ottobre, promossa dalle Pontificie opere missionarie (Pom) rappresenta davvero l’occasione giusta per voltare pagina, per comprendere col cuore e con la mente che la nostra «non è un’epoca di cambiamenti, ma un cambiamento d’epoca» come ci ha ricordato in più occasioni il Papa.
Seguendo l’esempio dei nostri missionari e delle nostre missionarie che hanno dato e danno la vita per la causa del Regno di Dio, abbiamo tutti il compito, per vocazione battesimale, di rendere intelligibile la Buona Notizia in un mondo in cui le angosce per il domani sembrano prendere il sopravvento. Il tema che è stato scelto dal Santo Padre per la Giornata 2022, nel tradizionale messaggio, pubblicato il 6 gennaio scorso, è chiaro e diretto: «Di me sarete testimoni» (At 1,8). Il Pontefice non ha dubbi e rifacendosi alle Scritture ci rammenta che: «Come Cristo è il primo inviato, cioè missionario del Padre (cfr. Gv 20,21) e, in quanto tale, è il suo “testimone fedele” (cfr. Ap 1,5), così ogni cristiano è chiamato a essere missionario e testimone di Cristo», precisando poi che «la Chiesa, comunità dei discepoli di Cristo, non ha altra missione se non quella di evangelizzare il mondo, rendendo testimonianza a Cristo. L’identità della Chiesa è evangelizzare».
A questo proposito, don Mariano Salpinone, teologo e membro del Consiglio Missionario Nazionale della Fondazione Missio, ha osservato che l’appuntamento della Giornata come anche il recente Festival della Missione svoltosi a Milano, «non sono il ricordo o l’incontro dei “reduci di guerra”, ma il costruire insieme uno sguardo ecclesiale frutto di diverse prospettive, soprattutto di quelle che rendono meglio ragione delle periferie della terra. La Missione «ad gentes», dunque ai lontani, non è qualcos’altro da fare o un di più facoltativo (…) significa piuttosto aprire il libro della Missione per vivere in pienezza l’essere Chiesa».
La posta in gioco è alta. Significa, per esempio, riconoscere, sempre e comunque, la dignità della persona umana creata a immagine e somiglianza di Dio in una società planetaria in cui si acuisce di giorno in giorno l’esclusione sociale. Da questo punto di vista l’universalità dell’evangelizzazione, che trova nelle Pom l’organismo di comunione più rappresentativo dal punto di vista dell’animazione missionaria, esige il riconoscimento ogni alterità. Perché, come scrive papa Francesco, «siamo tutti fratelli e nessuno si salva da solo».