«La gente ha cuore, e io l'ho visto». Perché l'inferno non sono gli altri
Caro direttore,
sabato 24 novembre, all’annuale Raccolta del Banco Alimentare, abbiamo assistito a uno “spettacolo” cui penso non ci dovremmo mai abituare, continuando semmai a sorprenderci ogni volta. Si dica quel che si vuole, ma la gente, la stragrande maggioranza delle donne e degli uomini, ha cuore! È stato insignificante il numero di chi passava oltre, rifiutando il sacchetto e l’elenco degli alimenti. Persone straordinarie che non si limitavano a riempire il sacchetto con 3 o 4 prodotti se non addirittura riconsegnandolo stracolmo, o non straordinarie per la generosità, ma straordinarie anche loro per la naturalezza, quasi l’ovvietà con cui aderivano alla spesa per i bisognosi. Tra coloro poi che prendevano il sacchetto spesso ci si sentiva dire: “Dammene pure un altro!”. Fa riflettere l’evidenza di questo interessarsi agli altri, iscritta come esigenza nella natura dell’uomo, talmente originale, come s’è visto sabato, che si può anche non esserne coscienti: si fa e basta. E quando osservi che non poche persone (o famiglie) ma la quasi totalità della gente ha aderito alla Colletta Nazionale, si capisce allora che la realtà sociale non è fatta o dettata dall’agenda politica (populismo o no, destra/ sinistra, Def, crisi economica...) ma da coloro che senza farsi prendere dal cinismo puntano alla positività della vita. Più di ogni altra cosa mi ha colpito la risposta di tanti che ci ringraziavano consegnando la spesa: “Grazie a voi che ci date questa occasione e che vi prestate per questo”. Mi dicevo: “Ma come? loro fanno 10, 15 euro di spesa gratuitamente e ancora ci ringraziano?” Ho capito allora che cosa accade quando uno dona qualcosa a un altro: lo fa, sì, perché vede un bisogno, ma è soprattutto perché interessarci agli altri è realizzare noi stessi, perché aiutare gli altri è compiere l’esigenza di cui siamo fatti noi stessi. È talmente vero che tra coloro che non potevano permettersi di dare niente c’era chi si vedeva che ci stava un po’ male, anzi qualcuno esprimeva “non richieste” le scuse di non poter dare e quindi si sentivano come diminuiti. Insomma c’era gente felice di donare o che avrebbe voluto farlo. La strada per la felicità è condividere? Come sono lontani i tempi in cui Sartre ci diceva che «L’inferno sono gli altri».
Mi piace il suo motivato ottimismo, caro amico. E spero che sia contagioso. Mi piace, perché supera il mio, che mi ostino a custodire, e perché mi consola dell’amarezza che da qualche tempo mi assedia, anche se a essa non intendo affatto consegnarmi. Non credo tuttavia che sia davvero inattuale, come lei crede, la sentenza di Jean-Paul Sartre, quel memorabile «l’inferno sono gli altri» così spesso ridotto alla sua più immediata e tagliente interpretazione. Il filosofo francese s’impegnò, infatti, per spiegare l’aforisma: «Si è creduto che volessi dire che i nostri rapporti con gli altri sono sempre avvelenati, che sono sempre dei rapporti infernali. Io, invece, voglio dire che se i rapporti con gli altri sono distorti, viziati, allora l’altro non può essere che l’inferno. Perché? Perché gli altri sono, in fondo, ciò che vi è di più importante in noi stessi, per la nostra propria conoscenza di noi stessi». Credo che questo straordinario 'umanista senza Dio' abbia filosofeggiato e passeggiato sull’orlo dell’abisso e oltre. E credo, lo scrivo a costo di stupirla, caro professor Emmolo, che se prendiamo sul serio tutte la parole di Sartre a proposito degli «altri», lei in qualche modo confermi quell’intuizione, ma che lo faccia alla sua luminosa maniera a partire da una bella esperienza di servizio e di dono. È un vero raggio di sole il racconto che mi ha regalato, e che ha regalato agli amici lettori, delle relazioni di solidarietà nell’Italia di oggi, dello sguardo e dei gesti buoni di tanta buona gente, a partire dalla felice esperienza di quel fatto reale (e non immaginario, e non solo parolaio) che è la grande Raccolta annuale del Banco Alimentare. Sì, ha ragione, «la strada della felicità è condividere». Non bisogna credere mai a chi ci vuol convincere che si è felici e sicuri solo dietro a un «maledetto muro». Quello, in realtà, è l’inferno. E nessuno dovrebbe volerlo per sé. E nessuno dovrebbe volerci confinare gli altri.