Lettere. La gente di Padre Pio e quella fede adulta che «abita» la devozione popolare
Caro Avvenire, il popolo cristiano domanda a Padre Pio tutto l’anno, ma in particolar modo il 23 settembre, anniversario della sua morte, nel santuario di San Giovanni Rotondo. Il popolo domanda protezione di fronte alle molteplici minacce che deve affrontare riguardo alla salute, alla sicurezza, alla soluzione di problemi affettivi, alla liberazione dai vizi. In quello stesso giorno fedeli di tutto il mondo si recano ai santuari dedicati a San Pio da Pietrelcina per onorarlo.
Sono tanti e chiedono a Padre Pio sia grazie spirituali che grazie materiali. Infatti, molti devoti hanno un forte senso del sacro, naturale e cosmico, legato alla trascendenza di Dio e alla sua potenza. La religiosità popolare manifesta con gesti visibili e tangibili i sentimenti della gente. Nessuna meraviglia, quindi, se il popolo usa numerosi segni, come toccare le immagini sacre, baciarle, offrire fiori ed ex voto, accendere candele, fare pellegrinaggi e processioni, andare in ginocchio, usare medaglie, riunirsi in gruppi di preghiera. Questo vuol dire che il popolo cristiano manifesta una religione molto concreta, incarnata e ben amalgamata nei problemi della vita quotidiana.
Antonio Guarnieri Cisternino (Br)Piazza San Pietro, 16 giugno 2002. È per me indimenticabile quella mattina, dentro alla folla immensa venuta a Roma per la canonizzazione di Padre Pio. Folla che sbarcava dai pullman arrivati nella notte da ogni dove, e si incamminava in colonna per via della Conciliazione. C’erano giovani e vecchi, e donne anziane con i piedi già gonfi, sotto al sole bollente. Quei piedi stanchi sul selciato di San Pietro me li ricordo, perché davvero davano l’idea di cos’era, un popolo cristiano. Uomini e donne di fede salda e umile, ostinati nella fiducia in un uomo che avevano intuito santo, tanto prima della canonizzazione. Una fede che in molti, fino ad allora, avevano guardato dall’alto in basso, come fosse una fede da poco, da gente ingenua o forse ignorante. Da cronista, andavo chiedendo prima della celebrazione ai pellegrini perché fossero venuti a Roma. A domandare grazie, immaginavo. E mi sorprese che molti mi dicessero che invece erano venuti a ringraziare: per una grazia già ricevuta - un figlio uscito salvo da un incidente, una malattia superata.
Mi colpì, questa attitudine a ringraziare, così rara nella vita quotidiana. Una prospettiva che rendeva già lieta quella gente, e fiduciosa in una sempre nuova misericordia. Un sole prossimo al solstizio d’estate si alzava, trionfante e torrido, sulla piazza stracolma. Ricordo la voce tremante di Giovanni Paolo II, e i mormorii affettuosi della gente, timorosa che il grande vecchio non reggesse quel caldo, e quel sole.
Ricordo una frase di Padre Pio citata nella cerimonia: «È necessario, dunque, stabilirci in una speranza». «Stabilirci»: prendere dimora dentro la speranza. Abitare nella speranza, come si abita in una casa. In mezzo a quella folla ripensavo alle obiezioni dei dotti su certa fede popolare: fede immatura quella che ha bisogno di miracoli, dicevano. Ma quanto invece mi risultava caro quel popolo con il rosario in mano, quei portatori di ex voto d’argento nei santuari, quei testimoni fedeli di grazie ricevute. «Toccare le immagini sacre, baciarle, offrire fiori ed ex voto, accendere candele, fare pellegrinaggi e processioni, andare in ginocchio, usare medaglie, riunirsi in gruppi di preghiera», scrive il lettore, elencando i modi della devozione cui si assiste a San Giovanni Rotondo, come del resto in molti altri santuari in tutto il mondo. Un fenomeno quantitativamente amplissimo, eppure come non visto o sottaciuto nella rappresentazione mediatica della realtà. Perché la modernità continua a guardare con sufficienza alla devozione popolare, come fosse cosa non degna di gente adulta. E invece proprio la semplicità di quel toccare, baciare, bere l’acqua delle fonti mariane, quanto corrisponde alla carnalità degli uomini: quando si spogliano delle loro maschere, quando la realtà o il dolore li riconducono alla domanda originale. Quando diventano semplicemente figli, che domandano: come domandano al padre i bambini.