Nel primo trimestre del 2009 l’Italia ha registrato un ulteriore declino del Pil, sceso del 2,4 percento rispetto al 4° trimestre 2008 - quasi nella media europea - e una riduzione addirittura del 5,9 percento rispetto al primo trimestre 2008, che è una percentuale decisamente superiore alla media europea. L’andamento dell’economia italiana, che finora ha tenuto più di altri, segnala perciò il rischio di un possibile cedimento che è necessario con-trastare, soprattutto sul piano creditizio. Ciò che maggiormente fa riflettere tuttavia è il risultato italiano rispetto alla Francia, un paese a noi simile come dimensione ed economia, dove la riduzione del Pil è stata molto più contenuta, pari cioè al -1,2 percento, ed è riconducibile ad una forte contrazione delle esportazioni. La domanda interna delle famiglie tiene invece molto bene, al punto di registrare un leggero segno positivo, pari al + 0,2 percento. Per l’Italia la crisi è dovuta al clima di grande incertezza che si respira in giro, e che per i consumatori e le imprese si traduce in paura del futuro. All’opposto, il risultato positivo che riguarda le famiglie francesi segnala invece che esse continuano a valutare con fiducia al loro futuro: lo testimonia l’aumento consistente della domanda di beni durevoli, come le automobili o i mobili e gli accessori per la casa. Ovvio che l’esito d’Oltralpe non spunta a caso. È il risultato di una politica fiscale volta a favore della famiglia e di cui il quoziente familiare è il perno centrale, intorno al quale ruota un’articolata e corposa gamma di iniziative specifiche mirate sulle coppie con figli. Il quoziente familiare è una misura di equità orizzontale, che corregge la progressività di imposta dovuta alla diversa dimensione familiare: il cosiddetto costo del quoziente è in realtà un’imposta aggiuntiva, in Italia subita da gran parte dei nuclei con figli. Inoltre, la Francia spende 1,4 punti di Pil più dell’Italia per famiglie e relativi bambini, il che rappresenta circa 22 miliardi di euro, il cui impatto sulla domanda interna si rivela oggi di particolare importanza. Ma l’effetto di una vera politica familiare si espande in molteplici direzioni, la più rilevante delle quali è la natalità, che in Francia ha superato i 2 figli per donna, che poi è il livello di una popolazione stazionaria. In Italia il numero di figli per donna è invece di 1,33 (e di 2,12 nel caso di donne straniere). Quanto ai flussi migratori nel loro insieme, si rileva che il loro contributo annuo, nella Francia del 2008, è stato pari alle 76 mila unità nel 2008, mentre in Italia ha lievitato a 430mila circa. La questione della famiglia è dunque centrale per l’economia, oltre che per la vita civile: Il problema è che nel nostro Paese, nel corso degli ultimi vent’anni, la famiglia è stata la grande dimenticata, e non si scorgono al momento segnali concreti di un’inversione di marcia. I Paesi che hanno realizzato una efficace politica per la famiglia, in genere vi si sono applicati per ragioni di sopravvivenza numerica oppure questo è il risultato positivo di politiche iniziate per altri scopi, come nel caso della Francia. In altre parole, sembra proprio valere la riflessione di John Stuart Mill, quando affermava che i politici 'per quanto onestamente disposti, sono in genere troppo occupati con cose di cui devono prendersi cura, per avere abbastanza spazio nei loro pensieri per qualunque cosa che possono senza danno tralasciare'. I minorenni, si sa, sono cittadini che non votano e dunque qualcuno pensa che li si può tralasciare. Eppure, le nazioni che dalla crisi in atto usciranno più forti saranno quelle, come la Francia, dotate di istituzioni in grado di investire nel futuro dei figli. Che sono al tempo stesso una garanzia per i loro genitori e il patrimonio d’investimento di tutto un Paese.