Il direttore risponde. La fede e gli occhi (ostili) di M.B.
Gentile direttore,
penso che abbia visto anche lei "Bella addormentata", l’ultimo film di Marco Bellocchio presentato alla Mostra del Cinema di Venezia. Se lo ha visto, vorrei discutere con lei – non del film in generale, sul quale credo sia stato detto tutto quello che c’era da dire – ma di una singola scena che mi ha molto colpita e addolorata (mi creda: è la parola giusta). Il giovane medico che si prende cura della ragazza tossicodipendente abbandonata da tutti, le impedisce di suicidarsi e le rimane vicino quando tutti la evitano, dimostra umanità, pietà e tolleranza, sacrificando il suo tempo in favore della povera derelitta ma, a un tratto, cambia completamente atteggiamento, perché scaccia malamente il sacerdote – entrato nella stanza dell’ospedale per impartire una benedizione alla giovane assopita – gridandogli che nessuno lo aveva chiamato. Il sacerdote se ne va senza fiatare, non prima però, di aver lasciato qualcosa accanto alla ragazza. Il medico, non contento, corre ad aprire la porta pieno di risentimento e restituisce al sacerdote, dichiarandolo non gradito, quello che si intuisce essere un umile oggetto di devozione, come un santino o un rosario. A me sembra che questo comportamento così contraddittorio da parte del medico – tollerante e pietoso verso la ragazza, intollerante e animoso verso un uomo di Dio che voleva solo recare conforto alla poveretta – sia stato ideato appositamente dagli autori del film per offendere deliberatamente la fede dei credenti. Che male possono fare, anche da un punto di vista laico, un gesto benedicente e un piccolo oggetto devozionale che – se non interessa – può essere abbandonato da qualche parte invece di essere restituito al donatore con parole aspre? Questa scena non denota palesemente "odium fidei"? Questo episodio mi ha ferito, ma ancora di più mi ha ferito constatare che sulla stampa (anche cattolica) non è stato dato rilievo a questo particolare del film, che invece a me sembra importantissimo. Gradirei molto conoscere il suo giudizio in proposito e, ringraziandola per avermi letto, la saluto con molta amicizia.
Carla D’Agostino Ungaretti, Roma