Opinioni

Lettere. La fanciulla morta di via Vicaria Vecchia. «Gettata» come un vuoto a perdere

Le nostre voci di Marina Corradi martedì 13 giugno 2017

Caro Avvenire,
è di domenica, sui giornali locali di Napoli, la notizia di una ragazza adolescente di origine asiatica, morta, avvolta in una coperta e depositata su un cumulo di rifiuti in una via del rione Forcella, in attesa di un mezzo compattatore che la gettasse in qualche discarica. Quasi certamente una vittima di quel sottobosco fatto di una miriade di microaziende dove a Forcella si produce e si sfrutta solo in nome del dio denaro, senza fermarsi nemmeno davanti alla morte di una fanciulla.

Vittorio Colavitto

In via Vicaria Vecchia all’angolo con Vico Scassacocchi, a Forcella, nel cuore di Napoli e non lontano dall’Università, sabato accanto ai cassonetti i passanti hanno notato un tappeto arrotolato e abbandonato. Uno qualunque dei rifiuti ingombranti che è facile trovare per le vie della città, sembrava. Ma dal tappeto spuntavano due scarpe. Dentro, morta, una giovanissima donna dai tratti asiatici, non più di vent’anni, forse solo quindici. Era vestita, non presentava ferite da arma da fuoco o da taglio, ma solo una grossa ecchimosi fra il naso e gli occhi, come se avesse preso un pugno. Nessun documento, niente che permettesse di identificarla. In attesa dell’autopsia non si può escludere una morte per overdose, oppure, come ipotizza la polizia e il lettore, che la ragazza venisse da una delle cento microaziende sommerse di Forcella, dove cinesi e pakistani lavorano in nero ad assemblare pelletteria. In condizioni durissime, con ritmi insostenibili. Che la sconosciuta fosse una delle piccole operaie di questi laboratori? Una parola, una protesta, un violento pugno in piena faccia, a insegnarle a star zitta? Vent’anni, al massimo. Forse solo quindici. L’età in cui consideriamo i nostri figli ancora quasi bambini. Ciò che colpisce come uno schiaffo è che, qualunque sia stata la causa della morte, chi doveva disfarsi del corpo non ha nemmeno pensato a occultarlo, o a seppellirlo. Semplicemente lo ha abbandonato dentro a un tappeto, in mezzo ad altri rifiuti, contando sul fatto che nessuno facesse caso a quell’involucro, tra tanti altri. È questo trattare un essere umano come una cosa, come “roba”, che atterrisce nella scarna cronaca della storia di Forcella. Non hanno nemmeno nascosto il cadavere di quella poveretta: l’hanno buttata, come un vuoto a perdere. Vent’anni, forse quindici. Vittima forse di un sottomondo che convive con l’Italia che chiamiamo civile. Ma siamo grati, in questa piccola storia terribile, al lettore, che la sconosciuta di Forcella l’ha chiamata col giusto nome: fanciulla. La giovanissima morta di via Vicaria Vecchia era una fanciulla.