Opinioni

Il caso della sanatoria per far arrivare i soldi ai partiti. La «doppia velocità» della politica

Eugenio Fatigante giovedì 10 settembre 2015
La legge è uguale per tutti. Vero, verissimo, ma fino a un certo punto. Almeno per i nostri politici. Fra le tante riforme del governo Renzi ne manca una: quella che impedisce davvero le disparità di trattamento, ovvero quella pratica per cui ciò che è difficile e problematico per i cittadini "normali", diventa improvvisamente semplice davanti alle esigenze della politica. L’ultima prova l’abbiamo avuta ieri con l’approdo in aula alla Camera della "leggina-sanatoria" che fa salvi i rimborsi ai partiti per il 2013 e il 2014.Soldi che, stando alle norme oggi in vigore, non sarebbero invece più dovuti, poiché in quegli anni non è stata rispettata la condizione del controllo - sulla regolarità delle spese - da parte di un’apposita commissione di garanzia, che avrebbe dovuto completare i lavori entro il 30 giugno scorso e non l’ha fatto. Facciamo subito chiarezza: non vogliamo salire sul carrozzone dei populisti, quelli - per intenderci - che parlano esplicitamente di "legge-truffa".Sappiamo bene che la politica ha i suoi costi, legati anche ai posti di lavoro dei dipendenti che non si possono cancellare con un improvviso colpo di spugna, e che il residuo finanziamento pubblico ai partiti, sotto l’alternativa "formula magica" dei rimborsi elettorali, è oggi disciplinato dalla severa legge del governo Letta, che nel 2013 ne ha disposto una graduale riduzione fino alla scomparsa totale nel 2017. E siamo tra quanti non credono che far condizionare "la politica" dalla mano più o meno generosa dei poteri forti economici non sia affatto una meraviglia.Accanto a questo, però, non si può negare l’amarezza che resta per le modalità di questa operazione (e di altre analoghe viste in passato, sui rimborsi come anche sulle multe da pagare per i manifesti elettorali affissi abusivamente). Dopo 33 giorni di ferie, alla riapertura delle Camere, ecco che come obiettivo "numero uno" i parlamentari non si sono posti una delle tante leggi attese - magari da tempo - dai cittadini, o un intervento necessario per venire incontro alle nuove emergenze indotte dai migranti in arrivo.La priorità va a un provvedimento destinato a rimpinguare le casse, ormai vuote, dei partiti. E non ci si limita a prolungare la scadenza dei lavori della Commissione chiamata a certificare la regolarità del tutto, ma si fa tabula rasa (anche, quindi, di eventuali atti illeciti a livello contabile) con una leggina compiacente, sulla quale sono peraltro tutti d’accordo con l’unica eccezione di M5S. Restiamo convinti che l’esempio debba venire dall’alto. Ma nei Palazzi della politica, purtroppo, ogni tanto si registra un black-out. E ogni volta si spera che sia l’ultimo.