Opinioni

Pensieri di una madre scossi da una storia durissima. La disabilità e il «durante noi»

Roberta d'€Angelo giovedì 9 marzo 2017

Caro direttore,

ho letto con un nodo allo stomaco e forte emozione l’articolo pubblicato domenica scorsa, 5 marzo, dal nostro giornale sulla storia di Sabrina, la donna disabile uccisa dal padre per disperazione. Dal padre... Il fatto che gli amici abbiano chiesto di raccontare chi era Sabrina è un calcio al muro di certezze costruito dalla nostra testa benpensante, che cataloga nello spazio di un capitolo chiuso la vita di chi non ha le abilità canoniche.

Ebbene, direttore, ti scrivo da mamma di un ragazzone disabile (con ritardo mentale) ormai maggiorenne. Come ogni mamma, ho faticato a comprendere il momento in cui è diventato “grande”. La ricerca di autonomia e il desiderio di sganciarsi dal guscio ci trova sempre impreparati. Ancora di più quando il figlio ha esigenze o connotati eternamente fanciulleschi. E quando – non a torto – lo percepisci sprovveduto e fragile, di fronte a un mondo famelico che potrebbe divorarlo.

Ecco, arriva anche per noi genitori il momento di crescere. Per noi genitori di figli disabili. Sia se siamo incentivati dai figli che avvertono il desiderio di affermarsi, sia se consapevoli del tempo che corre, e di quell’ormai famoso “dopo di noi” che si avvicina. Abbiamo il dovere di crescere, noi genitori di figli disabili, di farlo come genitori di figli adulti, e di farlo per la parte che loro non riescono a fare. Abbiamo bisogno di aiuto, di quelle strutture che ancora stentano a nascere, che saranno la casa per i nostri figli. Ma non solo in un tempo che verrà: “durante noi”. Come Sabrina voleva una casa sua, da dividere con gli amici. Anche i nostri figli hanno bisogno di uno spazio loro, di un loro futuro, dal quale non è facile uscire. Lasciarli affermare ha sempre un po’ il sapore dell’abbandono. Eppure, solo così mostreremo il rispetto per la loro persona. E il rispetto è l’altra faccia dell’amore.