Opinioni

Botta e risposta. Difesa da un «ciclone finanziario»? Allontanare le nubi di tempesta

Giuseppe Pennisi martedì 4 settembre 2018

Caro direttore,

ho letto, e riletto, con estrema attenzione l’«analisi» pubblicata su “Avvenire” di martedì 14 agosto 2018 a pagina 6. L’economista Giuseppe Pennisi conclude con un luciferino «Forse sarebbe opportuno interrompere le ferie per dire a tutti, proprio a tutti, che c’è una turbolenza in arrivo e occorre allacciare le cinture di sicurezza. Se disponibili». C’è da preoccuparsi. E pure molto. Da affezionato lettore abbonato osservo, fra l’altro, come la pagina economica di “Avvenire” sia sempre documentata, attenta, misurata e lontana dal sensazionalismo. Mi permetto una domanda e le sarei davvero molto grato di una disincantata risposta. Chi investe oggi in titoli di Stato a 5/6/10 anni (Btp, per capirci), con spirito da cassettista, può essere «coinvolto» da quanto Pennisi ha preconizzato, a tutto tondo, o può comunque stare (relativamente) tranquillo? E ancora in due-parole-due: dove destinare la propria liquidità accantonata in una vita, quale ausilio periodico, anche modesto, per vivere in maniera dignitosa? La ringrazio.

Lettera firmata


In seguito a un mio articolo apparso su “Avvenire” del 14 agosto non solo lei, gentile abbonato, ma diversi lettori hanno chiesto al giornale o a me direttamente (giuseppe.pennisi@gmail.com) come proteggersi in caso di ciclone finanziario e se i titoli di Stato possono essere considerati un impiego “sicuro”. Il direttore mi invita a rispondere e io lo faccio volentieri, a partire da una considerazione preliminare: a ogni investimento si accompagna un maggiore o minore grado di rischio. Per esempio, collocare i risparmi in edilizia residenziale e commerciale poteva essere considerato un investimento grazie al quale dormire tra due cuscini quando la natalità italiana era elevata, si formavano molte nuove famiglie con esigenze abitative, il Paese cresceva, ma – come si è visto negli ultimi dieci anni – questo non è stato più necessariamente e sempre un collocamento in grado di assicurare un reddito affidabile (anche se non elevatissimo) e, negli anni, un aumento della valorizzazione.

Per chi dispone di capitali importanti, la difesa migliore consiste nel diversificare il proprio portafoglio sia tra azioni e obbligazioni sia sotto il profilo geografico e merceologico. Per chi invece conta su un “giardinetto” modesto di risparmi per fare fronte a spese improvvise e integrare, con le cedole, la pensione, i titoli di Stato e i buoni postali hanno sempre rappresentato investimenti tra i più affidabili e che non comportano costi aggiuntivi (come quelli per commissioni). Non promettono rendimenti elevati, ma – come tutti gli altri investimenti – vanno attentamente monitorati. Si tratta di “prestiti” che facciamo con i nostri risparmi e il loro valore presente e futuro dipende dal comportamento del debitore.

Non è tanto l’elevato debito pubblico (circa 130% del Pil – il 35% in mano a stranieri) a minacciarne la tenuta, quanto la volontà e la capacità di mantenersi su un percorso stretto, ma retto, di riduzione del peso del debito, di risanamento della finanza pubblica e di maggiore crescita economica e civile. Ci sono Paesi con debito pubblico più elevato del nostro – il Giappone è al 240% – ma che con politiche accorte e ben modulate hanno affrontato e superato bene le ultime crisi finanziarie. Dalla riforma monetaria Einaudi, nell’immediato secondo dopoguerra novecentesco, i titoli di Stato italiani sono sempre stati un collocamento “tranquillo”. La situazione, però, sta cambiando. Negli ultimi due mesi, gli investitori stranieri hanno cominciato a ridurre il loro portafoglio di titoli di Stato italiani, anche a ragione delle incertezze delle politica economica di Roma e del duro confronto in corso tra Governo e autorità dell’Unione Europea. Tra poche settimane avremo i giudizi sintetici delle agenzie di rating (uno è già arrivato); già ora comunque l’Institute for International Finance delinea la possibilità di una “tempesta perfetta” sull’Italia e sui suoi titoli se non vengono presto chiariti obiettivi e strumenti di una politica economica mirata al risanamento della finanza pubblica. È bene per tutti che il chiarimento da parte di chi ci governa ci sia e che sia soddisfacente.