Opinioni

Il Papa in Belgio. Adozioni forzate, le colpe dei "falsi giusti"

Riccardo Maccioni sabato 28 settembre 2024

Il Papa in Belgio tra la folla

Tra i tanti modi differenti di “compiere” il male, forse il più subdolo e pericoloso è quello di chi è convinto di essere nel giusto. Come in un brutto film giallo, spesso le azioni peggiori sono commesse dai presunti buoni, così ligi al loro universo di valori contraffatti da cadere nel fanatismo delirante, indisponibili a fare gli interessi di chi teoricamente vorrebbero aiutare, finendo per danneggiarli. Succede nella politica, nella scuola e, purtroppo, anche nella religione. Perché quando la fede non conosce dubbi e domande ma solo risposte intoccabili, il mondo viene diviso in due, tra chi non sbaglia mai e chi, invece, sempre. E allora, per forza, i primi “devono” guidare e cambiare la testa dei secondi, sebbene non lo chiedano affatto e magari stiano bene come sono, nella loro condizione di apparente disagio. Nessun dubbio, infatti, che tra i cattolici per i quali in Belgio il Papa ha espresso tristezza e sofferenza, chiedendo perdono, ci fossero uomini e donne convinti di agire come ufficiali e soldati di un virtuoso esercito di liberazione da un peccato altrimenti difficile da perdonare.

Il riferimento non è agli abusi sui minori commessi dal clero, crimini talmente odiosi da non esserci parole per giustificarli, ma alla vicenda delle adozioni forzate, costrizione inaccettabile ma da taluni, in un particolare momento storico, considerata apprezzabile, financo da applaudire. Oggi sembra assurdo ma in una società che metteva ai margini le “ragazze madri” ritenute delle “poco di buono” la sottrazione dei loro bambini poteva essere considerata da tanti falsi “giusti”, un male minore, una menomazione accettabile. E non parliamo di un millennio fa ma del periodo compreso tra gli anni ’50 e ’70 del secolo scorso. In Belgio, ha ammesso con dolore il Papa a Bruxelles parlando con le autorità e con la società civile, «spesso la famiglia e altri attori sociali, compresa la Chiesa, hanno pensato che per togliere lo stigma negativo, che a quei tempi colpiva la madre non sposata, fosse preferibile per il bene di entrambi, madre e bambino, che quest’ultimo venisse adottato». Il fenomeno ha avuto numeri pazzeschi, incredibili. Secondo quanto denunciato dall’inchiesta giornalistica confluita nel podcast Kinderen van de Kerk (“Figli della Chiesa) realizzato lo scorso dicembre dalla testata belga “Het Laatste Nieuws” (“Le ultime notizie”), tra la fine della Seconda guerra mondiale e gli anni 80 del 1900 furono circa 30mila i neonati tolti alle loro mamme e dati in adozione, quasi sempre letteralmente venduti, spesso con la complicità di religiose e religiosi.

Al cambio di allora, un piccolo costava tra i 10mila e i 30mila franchi, che oggi vorrebbe dire tra i 250 e i 750 euro. La tragedia, già venuta alla luce una prima volta nel 2015, come detto è tornata d’attualità qualche mese fa, spingendo nuovamente i vescovi a prendere posizione. In particolare, la Conferenza episcopale belga dopo aver riconosciuto le terribili sofferenze patite da madri biologiche e figli forzatamente adottati ha espresso la volontà di cercare la piena verità in modo indipendente. Si tratta cioè di trovare i custodi degli archivi, per contribuire alla ricerca delle mamme e dei bimbi che furono loro sottratti. Sottostime o insabbiamenti non potranno più essere accettati. Va capito cosa accadde, senza titubanze. Chiamando bene il bene e male il male. Senza confondere i veri giusti con quelli falsi.