Opinioni

Per tanti allievi, non per i prof: ripariamo. La Dad è stata tempo perso

Marco Erba giovedì 25 febbraio 2021

La Dad è stata tempo perso. Non per noi prof, ma per molti allievi sì. E dirlo non significa sminuire il lavoro di noi docenti! In merito al dibattito che è esploso in questi giorni sulla possibile rimodulazione del calendario scolastico, leggo sui social una generale levata di scudi di molti colleghi che dicono che Dad non è stata tempo perso.

Alcune premesse doverose. 1) Ho visto tantissimi colleghi prof che in questi mesi sono stati eroici: si sono messi in gioco, hanno lottato per tenere attivi in ogni modo gli studenti, hanno organizzato incontri e iniziative anche in Dad. Questi colleghi sono stati per me un modello. 2) Capisco la frustrazione e la rabbia degli insegnanti che si sentono dire da chi non conosce il mondo della scuola che col lockdown si sono fatti mesi di vacanza in più. 3) Sono stremato dalla Dad. Sono svuotato come mai prima in più di dieci anni da prof. Resisto ogni giorno, ma la situazione è davvero pesante, chi può negarlo? 4) Ciò che scrivo non ha alcuna pretesa di esaustività. È frutto del dialogo coi miei studenti e colleghi e con quelli con cui ho l’occasione di confrontarmi negli incontri a cui mi invitano.

Vado al dunque subito al sodo: la Dad, per gli insegnanti seri e che hanno lavorato, non è stata certo una perdita di tempo. Ma lo è stata per molti allievi. E se non ci piace dire che è stata una perdita di tempo, diciamo che è stata una perdita di occasioni.

La Dad è stata una perdita di occasioni per tutti gli allievi in termini di relazione in presenza: quel contatto che sviluppa l’empatia e che sostiene la motivazione, che rende le nostre lezioni così diverse anche dal più bel documentario di Alberto Angela. La Dad è stata una perdita di occasioni, e anche peggio, per quegli allievi che hanno avuto disturbi alimentari, ansia, stress, perdita di sonno, accentuati dalla tensione e dalla distanza. La Dad è stata una perdita di occasioni per gli allievi che non hanno una connessione adeguata, spazi adeguati per fare lezione da casa o che vivono tre le mura domestiche situazioni di disagio marcato.

La Dad è stata una perdita di occasioni per gli studenti immaturi, che in presenza riuscivano in qualche modo a cavarsela o a trovare le motivazioni anche grazie alle sollecitazioni degli insegnanti («scrivi, prendi appunti, apri il libro, fai l’esercizio, tirati su, forza e coraggio...»). Questi ultimi in Dad si sono completamente persi tra mille schermate e distrazioni. E non possiamo liquidare la questione dicendo: «I bravi in presenza sono i bravi in Dad, gli svogliati in presenza sono gli svogliati in Dad», perché magari è così, ma ci sono anche tanti ragazzi che stanno in mezzo tra i due estremi, che se hanno un prof presente e vicino anche fisicamente che li stimola riescono a dare il meglio o almeno a galleggiare e che se invece sono dietro uno schermo sprofondano. E io, probabilmente, a 14 anni avrei fatto parte di questo gruppo.

Mi hanno colpito alcune frasi dei miei studenti: «Prima esultavo per un sei in una materia difficile, adesso in Dad prendo un quattro e non provo più niente, sono anestetizzata»; «Prof, oggi sono riuscito a seguire la sua lezione in presenza e mi sento rigenerato. In Dad non ci riesco, punto e basta. Non è colpa sua, ma neanche del tutto mia». «In questo anno il mio carattere è cambiato. Prima in classe ero attiva ed estroversa. Ora sono senza motivazioni, chiusa, taciturna».

Poi, certo, ci sono gli studenti strepitosi che hanno retto alla grande. Poi, certo, io ho sempre provato a stimolare i miei studenti in ogni modo dicendo che bisogna mettercela tutta nonostante la situazione, che non bisogna trovare scuse né adagiarsi. Ma non è facile a 14 anni: me ne rendo conto ripensandomi a quell’età.

La Dad ha aumentato le differenze tra i più bravi e chi fa più fatica, tra chi ha le condizioni economiche e sociali per seguire bene anche a distanza e chi non le ha. Per questo sì, la Dad è stata una perdita di tempo. Che non significa che noi prof non abbiamo lavorato, ma che lo è stata per molti studenti. E ora parlo per me, nel rispetto assoluto della sensibilità e della fatica di tutti. Visto che al centro della scuola ci sono i bisogni educativi e formativi dei ragazzi e non le mie comodità di prof, né la mia fatica, io mi sento chiamato a dare una risposta agli studenti che per condizioni imposte o magari anche per immaturità personale hanno perso tempo e hanno avuto difficoltà.

Poi possiamo e dobbiamo discutere di come concretamente aiutare i ragazzi a recuperare questo tempo e queste occasioni perse, ma non posso limitarmi a dire che a giugno fa caldo, che a giugno sono stanco e voglio staccare (cose peraltro vere). Anche per me è un incubo pensare a un anno scolastico che si protrae ulteriormente dopo tutta questa fatica. Ma la domanda su come aiutare questi ragazzi continua a pungermi dentro lo stesso. Non ho risposte. Credo che ogni scuola debba organizzarsi da sé, a partire dalle esigenze dei propri studenti. E credo che l’impegno aggiuntivo dei docenti vada riconosciuto, anche economicamente, perché è doveroso pagare adeguatamente chi lavora.

Altro non so. Però la questione va posta e mi piacerebbe che le risposte le trovassimo insieme, invece di indignarci e alzare scudi. Un abbraccio 'a distanza' a tutti i colleghi che sono arrivati a leggere fino a qui. Sono orgoglioso di condividere con voi il mestiere più bello del mondo.

Insegnante e scrittore