La Giornata mondiale del malato. La «cura» è un dovere prioritario della politica
Caro direttore,
finalmente la politica ha 'riabilitato' il valore sociale della cura, che per molto tempo è stato considerato a torto sentimento privato o tutt’al più dovere assistenzialistico, quindi non strategico, delegabile, o addirittura poco rilevante nelle grandi strategie per lo sviluppo, l’equità, la lotta alle diseguaglianze. So che queste cose non devo raccontarle a voi di 'Avvenire' e al mondo cattolico, che della cura si è sempre fatto carico, talvolta sulla base del principio di sussidiarietà, molto spesso in solitaria missione attraverso il volontariato. E tuttavia, in questo 2021, mentre di cura ormai parlano tutti e mentre celebriamo la Giornata mondiale del Ma-lato, penso sia necessario un ulteriore passo avanti da parte di chi, come me, agisce in politica. La cura non è solo terapia, vaccini, posti in terapia intensiva. È consapevolezza della fragilità del nostro tessuto sociale dove la malattia di un/una capofamiglia o la morte di un nonno pensionato può significare l’improvviso impoverimento di un’intera famiglia e soprattutto dei bambini. Le statistiche ci dicono che già prima della pandemia quasi due milioni di minori erano in condizioni di povertà assoluta, l’11 per cento del totale: una cifra e una percentuale intollerabili, mostruose, per un Paese sviluppato, che ancora oggi è la seconda manifattura europea e la settima economia al mondo. La cura non è solo un app che ti consente di prenotare la visita medica.
È una percezione nuova dei doveri della politica, che per molto tempo si è occupata solo dei 'salvati' – redditi fissi, categorie sindacalizzate, impieghi scarsamente toccati dalla recessione – dando per scontato che un terzo del Paese dovesse cavarsela da sé: i precari, le donne con impieghi discontinui nelle infrastrutture sociali, i giovani destinati a eterni apprendistati. Ora sappiamo che quel mondo non si può salvare da solo e ha bisogno di specifiche difese: quasi tutti i lavoratori e le lavoratrici dei servizi hanno pagato pegno per il Covid, senza nemmeno poter accedere ai ristori perché spesso lavoravano a partita Iva e hanno avuto solo briciole.
La cura è una rete di salvataggio per le fragilità fisiche e psichiche – i disabili, l’area dimenticata delle patologie mentali – ma anche nidi, assistenza domiciliare e residenze per anziani che sollevino le donne dall’obbligo di restare a casa e al tempo stesso offrano loro una possibilità di occupazione. Sostegno ai caregiver, presidi per recuperare l’abbandono scolastico ormai giunto a soglie record, sostegno vero ai meritevoli e agli impegnati nell’istruzione e nell’impresa. Il Covid ha obbligato tutti a 'scoprire' il vero senso di questa parola, e adesso la politica non potrà più far finta che il tema non esista, o relegarlo nel cantuccio del semplice accudimento di chi soffre. È un tema di sviluppo, benessere, istruzione e formazione collettiva, accesso alla democrazia intesa come territorio delle pari opportunità. Serve un lavoro comune con chi se ne è sempre occupato in questi termini: se sapremo farlo, tutti insieme, potremo dire di non aver sprecato l’occasione di ripetere il miracolo che i nostri genitori fecero per noi: darci un Paese migliore di quello che avevano ricevuto in eredità.
Deputata di Forza Italia e vicepresidente della Camera