Ucraina. La crisi del grano sia lo spunto per stabilizzare i prezzi agricoli mondiale
Nella giornata di ieri si è conclusa l’esperienza dell’iniziativa sui cereali nel Mar Nero ( Black Sea Grain initiative). L’accordo era stato raggiunto un anno fa da Russia, Ucraina, Turchia e Onu per garantire l’esportazione di beni agricoli e fertilizzanti dai porti ucraini verso il resto del mondo. Sebbene non si possa affermare che essa sia andata avanti senza ostacoli, l’iniziativa era stata da un lato l’unica efficace operazione di dialogo tra Mosca e Kiev, dall’altro aveva rivestito un’importanza fondamentale per mitigare gli effetti della crisi alimentare e dell’inflazione a livello mondiale.
Secondo i dati dell’Onu, quasi 33 milioni di tonnellate di beni alimentari sono stati esportati dall’Ucraina in virtù di tale accordo nel corso di quest’anno, contribuendo a una riduzione del prezzo mondiale dei cereali di circa il 14%. Al fine di aumentare la pressione nei confronti di Kiev e dei suoi alleati, Mosca ora ha rifiutato di estendere l’accordo. La fine dell’iniziativa impedirà le esportazioni di cereali dall’Ucraina, andando plausibilmente a determinare una nuova situazione di scarsità, considerato il peso dell’Ucraina nella produzione mondiale di cereali, e di conseguenza un nuovo rialzo dei prezzi.
Se la riduzione delle esportazioni ucraine è una certezza, in molti, però, sottostimano l’effetto a catena che si determinerà in seguito alla decisione di Vladimir Putin. Molti paesi, infatti, tendono a tutelare la propria disponibilità interna e applicano restrizioni alle esportazioni di cereali e di altri beni agricoli ed alimentari. Nel corso del 2022, infatti, 32 nazioni hanno imposto 77 restrizioni all’esportazione che hanno interessato il 17% del commercio mondiale di beni alimentari stimati in termini calorici. Tra i Paesi non belligeranti, ad esempio, il governo indiano aveva vietato l’export di grano in seguito al blocco delle esportazioni ucraine. Altri divieti erano stati implementati da paesi fragili quali Afghanistan, Kosovo e Georgia, ma misure parziali di restrizione sono state applicate da varie altre nazioni.
Il relativo successo dell’iniziativa Black Sea Grain aveva convinto molti di questi paesi a rimuovere tali misure già alla fine del 2022. La situazione ora appare nuovamente capovolta e l’offerta mondiale subirà una contrazione seppur in misura minore rispetto allo scorso anno. Molti governi, nel frattempo, hanno infatti favorito una maggiore produzione e, come riportato dalla Fao il 7 luglio, le aspettative in merito alla produzione mondiale di cereali sono al rialzo. Questo dato contribuirà a controbilanciare gli effetti negativi della mossa del Cremlino e probabilmente anche a raffreddare i prezzi. In ogni caso, se consideriamo che questa guerra durerà ancora a lungo e anche che questa fase di transizione storica sarà caratterizzata da una più elevata incertezza in merito agli assetti e agli equilibri mondiali, una delle riflessioni necessarie da fare è quella relativa alla stabilità dei prezzi a livello mondiale e in particolare di quelli agricoli.
In un’economia di guerra, infatti, una delle politiche che nella storia ha trovato quasi sempre applicazione è quella dei controlli sui prezzi, misura a cui i governi spesso hanno fatto ricorso per contenere il disagio delle popolazioni. Una politica di questo tipo, peraltro, può risultare efficace non solo per contenere gli effetti degli shock in tempo di guerra ma per favorire la costruzione della pace nel periodo post-bellico.
L’Unione Europea, ad esempio, deve probabilmente il suo successo anche alla stabilizzazione dei prezzi agricoli che è stata realizzata nel periodo post-bellico attraverso la politica agricola comune. Il controllo dei prezzi ha avuto storicamente non solo l’effetto di mantenimento del potere di acquisto delle famiglie ma anche quello di rendere profittevoli gli investimenti degli agricoltori che hanno così aumentato in maniera significativa la produttività nel corso degli anni.
È evidente, comunque, che le politiche di stabilizzazione dei prezzi sono più efficaci se attuate con un giusto coordinamento di diversi paesi. La comunità internazionale deve valutare senza indugio politiche globali di stabilizzazione dei listini agricoli affinché non siano limitate al periodo della guerra, ma anche al periodo post-bellico. Quando questo conflitto cesserà il mondo non sarà più lo stesso e quindi abbiamo bisogno di misure coraggiose e straordinarie per favorire non solo la ripresa economica in senso stretto ma anche la disponibilità degli strumenti necessari per strutturare un sistema economico più giusto e meno diseguale.