Sviluppo. La cooperazione Europa-Africa riparta dal clima e dall'energia
I Paesi africani possono raggiungere il 67% della loro generazione elettrica attraverso il ricorso alle rinnovabili entro il 2030
Il sesto summit tra Unione Europea e Unione Africana del 17-18 febbraio, più volte rimandato a causa della pandemia da Covid-19, rappresenta un’opportunità per una ridefinizione delle relazioni tra l’Europa e il continente africano e per la costruzione di un partenariato realmente condiviso tra il più grande mercato unico al mondo, quello europeo, e la più grande area di libero scambio, l’African Continental Free Trade Area (Afcfta). La definizione di una strategia condivisa di cooperazione su transizione energetica e lotta al cambiamento climatico avrà un ruolo di primo piano nel Summit.
Il continente africano ha il più basso tasso al mondo di emissioni pro capite, e ben poche responsabilità storiche nel causare il riscaldamento e l’inquinamento globale. Allo stesso tempo, è una delle aree al mondo più esposte e vulnerabili di fronte agli impatti del cambiamento climatico: in un continente in cui il 24% del Pil dipende dall’agricoltura, il cambiamento climatico rischia di mettere a repentaglio sicurezza alimentare ed esportazioni e di dare avvio a conflitti per le risorse e potenziali nuove ondate migratorie. Per questi motivi, la cooperazione tra Europa e Africa è necessaria per allineare la ripresa economica africana post-Covid agli obiettivi di sviluppo sostenibile e di costruzione di resilienza. Il Green Deal europeo rappresenta in questo senso un tassello fondamentale della nuova partnership tra Europa e Africa.
Perché esso sia realmente percepito da parte africana come uno strumento di cooperazione, anziché come l’imposizione dell’agenda europea sul continente, è necessario un dialogo diretto e continuo tra Europa e Africa, e che Bruxelles risponda ai timori africani per esempio relativi al Carbon Border Adjustement Mechanism (Cbam), percepito da più parti come una misura protezionistica, o alle implicazioni della Farm to Fork Strategy che rischia di tagliare fuori dal mercato europeo esportazioni agricole africane non in linea con gli standard europei di sostenibilità.
In entrambi questi casi, così come sulle altre implicazioni per il continente africano del Green Deal europeo, occorre che Bruxelles tenga conto delle implicazioni delle sue politiche interne sui partner più vicini e importanti, e intraprenda un dialogo chiaro con le proprie controparti africane, per rispondere ai timori, evitare di alimentare diffidenza o sfiducia nei propri confronti, e definire insieme una strategia di sviluppo sostenibile e condiviso. Cooperare per una transizione energetica in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile significa supportare l’Africa nel garantire l’accesso all’elettricità a quel 60% del continente che oggi ne è privo.
Per farlo, occorre puntare sulle rinnovabili: secondo proiezioni dell’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili (Irena), i paesi africani possono raggiungere il 67% della loro generazione elettrica attraverso energia rinnovabile entro il 2030, permettendo al contempo la creazione di nuovi posti di lavoro necessari per far fronte alle esigenze di una popolazione in forte crescita. L’Ue dovrebbe dunque creare partnership con i paesi africani basate su trasferimento di tecnologia, costruzione di capacità in loco e investimenti in infrastrutture verdi, accelerando così lo sviluppo delle rinnovabili e accesso alla rete elettrica, considerato il fattore abilitante chiave per garantire l’accesso universale all’elettricità dall’Agenzia internazionale dell’energia (Iea).
Un ruolo di primo piano in questo spetta alla Global Gateway, la strategia Ue di investimento infrastrutturale disegnata per rispondere a sfide globali quali cambiamento climatico e sicurezza delle catene globali del valore. Il supporto europeo alla transizione è poi ancora più necessario nei paesi dipendenti dai combustibili fossili, tanto per il consumo domestico quanto per le esportazioni. Paesi come Nigeria e Angola in Africa subsahariana, o Libia e Algeria in Nord Africa, sono destinati a risentire dei piani europei di decarbonizzazione e necessitano di supporto per diversificare e riconvertire i propri sistemi economici in linea con le esigenze della transizione energetica.
A questo scopo, l’Unione europea dovrebbe favorire la creazione di piattaforme per la giusta transizione come quella offerta al Sudafrica in occasione della Cop26 di Glasgow. Con il Green Deal, l’Europa punta inoltre a promuovere sostenibilità e resilienza delle catene del valore, in particolar modo per quanto riguarda gli approvvigionamen- ti di materie prime critiche necessarie per integrare la catena del valore dell’industria manifatturiera e per lo sviluppo di nuove tecnologie. Cooperare con l’Africa in questo campo significa disegnare un modello di cooperazione che non replichi le relazioni di forza del modello estrattivo, ma che sia la base dello sviluppo tecnologico in Africa stessa, sia rispettoso dell’ambiente e delle comunità locali. I noltre, in un continente piegato dal debito e dalle ferite della pandemia, l’Ue si configura come un partner imprescindibile per dare avvio a una ripresa economica che sia veramente 'verde e resiliente', secondo gli obiettivi dell’Unione Africana. Individuare metodi sostenibili di ristrutturazione del debito, fornire liquidità per rispondere alle sfide strutturali quali cambiamento climatico e future emergenze sanitarie, facilitare l’accesso al credito dei paesi africani, sono compiti di primaria importanza per l’Ue. Un primo banco di prova in questo senso sarà l’approva- zione del trasferimento di parte dei Diritti Speciali di Prelievo dei paesi Ue nel Resilience and Sustainability Trust del Fondo Monetario Internazionale, destinato a fornire supporto ai paesi in via di sviluppo, che dovrebbe vedere la luce entro la fine di quest’anno. I nfine, il summit rappresenta solo la prima tappa di un engagement rinnovato con il continente africano. Nel novembre di quest’anno, la Conferenza Onu sul cambiamento climatico si terrà a Sharm el-Sheikh, in Egitto, paese cerniera tra Africa e Medio Oriente allargato. Cominciare ad agire fin da adesso per una leadership italiana ed europea sui temi chiave della Cop27, che saranno adattamento ai cambiamenti climatici e perdite e danni (Loss & Damage), è centrale affinché il Green Deal si configuri anche come uno strumento di diplomazia esterna dell’Ue, in grado di elevarne la statura geopolitica. Q uello che si apre a Bruxelles è dunque solo l’inizio di un processo diplomatico che dovrà vedere l’Ue impegnarsi in prima linea e in maniera continuativa nella realizzazione di proposte di policy per accompagnare il continente africano sul doppio binario della ripresa economica e dello sviluppo sostenibile. Da ciò dipende la credibilità di Bruxelles quale attore in grado di fornire risposte alle sfide del nostro tempo, di formulare proposte di cooperazione win-win, di guidare le trasformazioni anziché subirle: in definitiva, di realizzare quella vocazione geopolitica necessaria per il raggiungimento di un’'autonomia strategica aperta' e per l’affermazione della propria leadership nelle aree di primario interesse, di cui l’Africa rappresenta un chiaro esempio. Consulente del think tank Ecco © RIPRODUZIONE RISERVATA I Paesi africani possono raggiungere il 67% della loro generazione elettrica attraverso il ricorso alle rinnovabili entro il 2030