Congresso del Pcc. La Cina è ancora più di Xi Jinping. La pace sempre affare di tutti
Proprio mentre il XX Congresso del Partito comunista ridefiniva gli assetti ai vertici del potere cinese, è arrivato l’annuncio che l’Accordo tra Cina e Santa Sede è stato rinnovato per la seconda volta. Nessun rapporto diretto tra le due cose, ovviamente. Ma questa coincidenza fa pensare: con il gruppo dirigente che governerà la Cina nel prossimo quinquennio, forse è possibile dialogare. Xi Jinping è uscito rafforzato dal Congresso, non solo per il terzo mandato ricevuto ma anche per rinnovamento del Politburo e per i movimenti che si intravedono dalla nuova composizione del Comitato centrale. Lo confermereb-be anche la nomina di Li Qiang a primo ministro: è il segretario del partito di Shanghai, molto criticato per la gestione delle misure anti- Covid, ma considerato assai vicino al segretario.
Osservatori americani hanno commentato che tanta concentrazione di potere è una brutta notizia per l’economia cinese, destinata a contrarsi sotto un controllo più severo del partito. Xi invece ha tenuto subito a rassicurare che la Cina continuerà a crescere economicamente. Sull’altra questione cruciale – le relazioni internazionali – la relazione del segretario è stata priva di riferimenti espliciti agli Usa e alla guerra in Ucraina.
Ma ha rilanciato il «sogno di un destino condiviso », insistendo sull’importanza della cooperazione multilaterale e, implicitamente, ha criticato Washington – rifiutando «ogni forma di egemonia, politica di oppressione e mentalità da guerra fredda» – e preso le distanze dalla Russia – che non ha rispettato la sovranità ucraina. Anche in politica estera, l’impostazione di Xi dovrebbe rafforzarsi. Il ministro degli Esteri Wang Yi potrebbe sostituire, quale responsabile del partito in questo campo, il settantaduenne Yang Jiechi.
È possibile che subentri al suo posto Qin Gang, protagonista di una carriera molto rapida e anch’egli considerato vicino a Xi Jinping. Qin, attualmente ambasciatore a Washington, ha mostrato la capacità di presentare le posizioni cinesi in termini comprensibili agli occidentali. Intanto è entrato nel Comitato centrale Liu Haixing, già responsabile per l’Europa del Ministero degli Esteri. Il rafforzamento di Xi scaturisce anzitutto da dinamiche interne alla politica cinese. Ma riflette anche la percezione di pressioni esterne sempre più forti. « The post cold war is over », il dopo-guerra fredda è finito ha detto il consigliere per la Sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Jake Sullivan, commentando il recente National Security Strategy, pubblicato proprio alla vigilia del XX Congresso del Pcc.
«Siamo nel mezzo di una competizione strategica per cambiare il futuro dell’ordine internazionale» e le priorità sono due: limitare la Russia e sorpassare la Cina. Xi Jinping ha reagito usando per la prima volta la parola ricatto. Il “rinserrate le fila” del Congresso del Pcc – ribadendo gli obiettivi irrinunciabili, primo fra tutti la riunificazione con Taiwan – esprime una posizione opposta ma anche speculare rispetto a queste pressioni. Ci si chiede quale sia il modo migliore, per gli occidentali, di tutelare i propri interessi e il bene comune della pace.
È un quadro che fa apparire il rinnovo dell’Accordo sino-vaticano ancora più singolare. Al di là delle sue specifiche finalità ecclesiali, ribadite ancora una volta dal cardinal Parolin, mostra la continuazione di un dialogo che, per molti motivi, non è affatto ovvio. Lo ha messo in luce il cardinal Tagle, secondo cui «i canali e gli spazi di dialogo rimangono aperti, e questo è già di per sé rilevante, nella situazione data». «Ascoltare gli argomenti e le obiezioni del governo – ha aggiunto – conduce anche noi a tener conto dei contesti e della forma mentis dei nostri interlocutori. Scopriamo che cose per noi assolutamente chiare e quasi scontate possono essere per loro nuove e sconosciute».
L’esperienza mostra che occorre tener conto della mentalità degli interlocutori, utilizzando ad esempio un «approccio concreto e pragmatico». Le parole di Tagle esprimono lo sforzo necessario per superare distanze culturali che costituiscono tuttora la difficoltà principale per chiunque voglia davvero dialogare con la Cina del XXI secolo. Da parte della Santa Sede, tale sforzo ha per obiettivo trasmettere il Vangelo. Ma per chi persegue la pace, in Ucraina e nel mondo, la strada non può essere molto diversa.