Centomila persone al mese. Ovvero più di tremila concittadini al giorno caduti tra il 2012 e il 2013 nella dannata spirale della miseria, la "povertà assoluta" che avvolge l’Italia. Circa un milione e 200 mila italiani in più che, secondo l’Istat, non possono più acquistare cibo a sufficienza, medicinali, pagare la rata di mutuo o affitto e non vivono una vita decente. Gli indigenti (poveri relativi compresi) sono ben 10 milioni. Ma il dato dei poveri assoluti rispetto al 2010 è raddoppiato e fa paura perché abbiamo toccato quota 6 milioni, 2 milioni di famiglie. Quasi un italiano su dieci ormai non arriva, forse, neanche alla prima decade de mese... Un record che neppure gli addetti ai lavori si aspettavano e che conferma la Caporetto del vecchio welfare italiano davanti a questa lunga crisi, soprattutto nel Mezzogiorno.Dietro le statistiche, ci sono i volti e le storie quotidiane di persone concrete. I centri di ascolto delle parrocchie, le antenne e le mani sensibili della Chiesa italiana denunciano e sostengono da anni – sin dal 2007, con le parole, dell’allora appena insediato presidente della Cei, Angelo Bagnasco – la disperazione degli insospettabili in fila a una mensa di carità o destinatari di discreti aiuti domestici. Padri e madri disoccupati da anni che devono vincere la vergogna di chiedere aiuto per nutrire e vestire i bambini. Anziani che saltano i pasti e le cure dopo una vita di lavoro. Negozianti finiti nelle mani degli strozzini per riavviare attività agonizzanti o chiuse. Impiegati di mezza età licenziati e senza prospettive.L’Istat rileva come le più penalizzate siano le famiglie con bimbi piccoli, soprattutto meridionali. Lo scandalo inaccettabile per la coscienza di un Paese come l’Italia è il raddoppio della povertà assoluta in soli due anni proprio dei minori, passati dai 723 mila del 2011 al milione e mezzo circa dell’anno scorso. Che futuro avranno? Quanti potranno avere una vita adulta migliore dell’infanzia, quanti si sottrarranno alla piaga del lavoro minorile e alle insidie delle mafie? Questa situazione uccide il morale e la dignità delle persone. Papa Francesco lo ha ripetuto non più tardi di dieci giorni fa a Campobasso, parlando del dramma dei padri senza lavoro che non sanno più come sfamare i figli.La ripresa quando infine arriverà, secondo gli economisti, farà poco per questi poveri. Ci deve pensare la politica. Di proposte sul tavolo non ce ne sono molte e dipendono dalla volontà del governo e del Parlamento di attuare l’articolo 3 della Costituzione, dotando l’Italia di un welfare efficace e sostenibile. Per questo va messa in agenda con urgenza la lotta alla povertà assoluta, costruendo in un quadriennio una riforma duratura. Le idee che vengono dal Terzo settore hanno come denominatore comune la "generatività", cioè lo stop all’assistenzialismo, attraverso un aiuto vincolato alla corresponsione di servizi alla comunità, alla ricerca di impieghi e alla formazione.Lo strumento di partenza è il piano nazionale contro la povertà. Lo chiede l’
Alleanza nazionale contro la povertà – che riunisce sigle come Caritas, Acli, Cisl, Sant’Egidio, Focolari, Banco alimentare, Save the Children e altri – e si basa sul Reis, reddito minimo che integra la differenza di reddito per ciascun nucleo con la soglia di povertà. Il costo totale è stimato in sei miliardi. Da investire in un quadriennio: 1,5 miliardi per anno. Con una cifra analoga, tratta in parte dagli assegni famigliari, secondo la Fondazione Zancan si potrebbero estendere i servizi per la prima infanzia raddoppiando il numero di bambini negli asili e creando nuova occupazione.L’incolpevole "gestore" di questa situazione di impoverimento, vale a dire il ministro del Welfare Poletti, non è contrario. Ovviamente il problema numero uno sono le risorse. Perciò si punta innanzi tutto a razionalizzare il quadro creando un’anagrafe dell’assistenza contro i furbi. Giusto, l’importante è però non perdere altro tempo. Partire dalle famiglie più povere e con bambini è una strada obbligata, senza dimenticare l’altra sfida – non meno strategica – di dotare il Belpaese di un fisco a misura di famiglia. Questo tsunami di povertà del resto è causato anche dalla storica latitanza di una politica per la famiglia e dall’eclissi della solidarietà, termine pur scritto a chiare lettere nella nostra Costituzione.