Cultura e spirito della Costituzione. La Carta, non comando ma ordinamento
In occasione del 70° anniversario dell’entrata in vigore della Costituzione repubblicana, si avverte sempre più, a livello sociale e accademico, l’esigenza di una celebrazione antiretorica, ma diretta, invece, a raccogliere e rilanciare l’esortazione di Piero Calamandrei: «Vedete, la Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta: la lascio cadere e non si muove. Perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile, bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità».
La Costituzione, dunque, va conosciuta, fatta vivere, attuata e mantenuta attuale; un ruolo essenziale, perciò, sono chiamati certamente a svolgerlo i costituzionalisti, ma, in sintonia con Albert Einstein, «non dobbiamo pretendere che solo gli esperti abbiano il diritto di pronunciarsi sulle questioni che mettono in gioco l’organizzazione sociale».
Ecco perché, in una fase storica, sociale e politica, sovraccarica di tensioni, ma ricca di sfide e di nuove domande di senso, risulta indispensabile mettere a tema la Costituzione come legge fondamentale, lo Stato costituzionale e lo stesso principio di costituzionalità. Più che mai oggi si è chiamati a riconoscere nella Costituzione la Casa comune, come la definì Aldo Moro durante i lavori dell’Assemblea Costituente con un’affermazione di bruciante attualità («Se nell’atto di costruire una casa comune, nella quale dobbiamo ritrovarci ad abitare insieme, non troviamo un punto di contatto, un punto di confluenza, veramente la nostra opera può dirsi fallita»).
Una Costituzione per l’Uomo, la nostra, per cui anche il cambiamento per il buongoverno e la trasformazione della società e della politica - la cui profonda rigenerazione corrisponde davvero alle attese odierne del popolo italiano - tenga conto della doverosa distinzione tra l’indirizzo politico costituzionale e quello di governo, escludendo che della riforma della «casa comune» si possa più fare la prova generale di elezioni politiche. La riedificazione comunitaria di una cultura civica e istituzionale condivisa, invece, dimensione fondante dell’impegno dell’oggi per il domani, si pone anche come base sia per l’attuazione e la manutenzione della Costituzione formale perché vi corrisponda sempre più la Costituzione vigente, sia per l’edificazione di un coerente ordinamento costituzionale, come complesso dei princìpi e delle norme, formalmente e materialmente costituzionali, anche consuetudinarie, legati insieme da un progetto che li percorra dando loro senso e capacità espansiva.
Recuperando la stessa idea di Costituzione in senso materiale di cui parlava Costantino Mortati (idea magari demolita nella pratica istituzionale senza che si sia fatto granché per ricostruirla), potrà, tuttavia, essere un principio essenzialmente spirituale a sorreggere il concetto di Costituzione e il valore stesso della legalità, come forma ideale e costruttiva collegata con gli atti che l’hanno storicamente determinata, a partire dalla relazione storica tra costituzionalismo e Liberazione, secondo la prospettazione di Mario e Paolo Galizia.
La stessa fondamentale lezione lapiriana va nel senso di riconoscere un fondamento spirituale dell’ordinamento costituzionale, in cui la riflessione sul significato storico-spirituale delle conoscenze giuridiche rilevi anche per la comprensione della vita civile. Proprio così si potrà affermare il riconoscimento di una concezione del diritto costituzionale non come comando che si impone su di una platea di destinatari passivi, ma piuttosto come ordinamento di una civiltà.
*Professore di Diritto costituzionale, Università di Firenze