Al voto. La campagna elettorale sui social: chi paga e chi imbroglia
Su Twitter numeri gonfiati fino al 60% per i leader. Su Facebook funzionano i messaggi a pagamento Tutti i media rilanciano le piattaforme Web facendo da cassa di risonanza. La Lega è l’unica a ricorrere ai contenuti virali
I grandi numeri arrivano ancora dalla tv, la credibilità dalla stampa ma è indubbio che una larga fetta della propaganda politica passi dai social network. Tanto più che ormai quando un dibattito o una polemica arriva sugli altri media è perché spesso nelle ore precedenti si è sviluppata su Facebook o Twitter. Partiamo da quest’ultimo. Il social dei post brevi, massimo 280 caratteri. Quello dove si svolgono gli scontri più diretti tra politici e tra sostenitori dei vari partiti. A leggere l’ultimo studio di DataMediaHub per «Il Sole 24 ore» si scopre che più della metà dei follower dei politici è «fake». Cioè, falsa. O sono completamente finti oppure non sono attivi da almeno sei mesi, quindi di fatto sono da considerare inesistenti. In vetta alla classifica in negativo c’è Nicola Zingaretti, che è seguito da 421mila utenti, ma il 66,8% di questi risulta «fake». Dopo viene Giorgia Meloni, con il 66,6% di follower finti. Come sottolinea lo studio, «il dato più “pesante” è quello di Matteo Salvini che ha più di un milione di follower, ma il 62,6% è finto». Non solo: «il 41% degli account sospetti che seguono Salvini è stato aperto negli ultimi tre mesi, in vista della campagna elettorale». Non va meglio a Luigi Di Maio, che ha il 61,8% di «fake follower». Uno dei politici messo meno peggio è – secondo lo studio – Silvio Berlusconi che ha 'solo' il 42,5% di follower «finti».
Intanto Matteo Salvini nei suoi post semina baci e sorrisi a tutti i suoi detrattori «invidiosi», sottolineando così la sua superiorità agli occhi degli elettori. Per arrivare anche alle persone meno istruite, la comunicazione salviniana usa anche le cosiddette «cartoline», quelle immagini grandi che appaiono su Facebook accompagnate da frasi slogan scritte in grande. In questo caso da frasi tipo: «Lo sai perché Salvini ha tutti contro? Perché ha fermato la mangiatoia dell’immigrazione». Il messaggio è ovvio: lui non sbaglia e non ha torto e chi lo critica è solo perché faceva parte della «mangiatoia».
Uno di quelli più amati dai giovani è l’uso dei «meme». Cosa sono? Un meme digitale – come spiega il vocabolario Treccani – «è un contenuto virale in grado di monopolizzare l’attenzione degli utenti sul web». Sono «meme», per esempio, quelle immagini animate (come microfilmati di pochissimi secondi) che contengono una frase, un’espressione o uno slogan che dicono più di mille discorsi. Ebbene: Salvini è l’unico leader italiano che li usa. Di più: è l’unico leader politico italiano che ha creato (col suo team) un canale specifico dove gli elettori-fan possono trovare dei «meme» preconfezionati da seminare nei commenti social, così da aiutare il leader della Lega a fare altra campagna elettorale, stavolta a costo zero.
Notizie spazzatura: l'Italia non è messa bene. Al primo posto tra gli spacciatori di notizie manipolate c'è Primato nazionale
In questa campagna elettorale per le elezioni europee, le «notizie spazzatura» su Twitter sono circa il 4%, mentre su Facebook ne vengono postate e commentate di più, pur rimanendo su percentuali contenute (il 6%). Lo rivela uno studio dei ricercatori dell’Oxford Internet Institute (OII) che ha preso in esame i social di 7 Paesi nel periodo 5 aprile – 5 maggio. Se la Nazione con il più alto numero di notizie spazzatura è la Polonia (valgono il 21% su una media europea del 3,6%), l’Italia non è messa benissimo. Con l’8,7% di contenuti politici spazzatura diffusi durante questa campagna elettorale (oltre il quintuplo rispetto all’Inghilterra e la Spagna e il doppio della Francia) siamo il secondo peggior Paese tra quelli presi in esame. Siamo però i primi (con il 29,1%) come produttori di notizie professionali sull’Europa. Altro dato positivo: le «notizie professionali» sono condivise più del doppio di quelle spazzatura. Lo studio evidenzia anche che le «notizie spazzatura» che hanno ottenuto più successo sui social riguardano temi populisti come l’odio per gli immigrati.
Analizzando le «notizie spazzatura» su Facebook, lo studio punta il dito anche contro i siti che ne hanno create di più. E per l’Italia ne segnala ben 299 diffuse dal sito del quotidiano neofascista di Casa Pound, «Il primato nazionale». Un altro dato evidenziato è particolarmente interessante. A parte Polonia e Spagna, in tutti gli altri Paesi presi in esame risultano contenuti spazzatura di provenienza russa. La maggior parte dei quali pubblicati sui social in Inghilterra e Francia.