Opinioni

Il direttore risponde. La bellezza del Figlio, i nostri errori

Marco Tarquinio giovedì 27 dicembre 2012
Gentile direttore,
non cestini questa lettera, per favore. Le devo fare una confessione: mi vado sempre più e meglio convincendo che Gesù era il più brutto degli uomini! Perché? Perché se è vero, come è vero, che Lui è sceso nel più profondo della nostra umanità, caricandosi dei peccati di tutti, non poteva lasciare fuori l’aspetto estetico e somatico (nonostante sia dipinto sempre bellissimo e affascinante...). Forse, anzi certamente, sto abusando da lettore della sua paziente amicizia, ma le chiedo la carità di avere la gioia di una sua risposta su 'Avvenire'. Auguro a lei e ai suoi colleghi un ottimo tempo di Natale.
Pietro Grieco, Cava de’ Tirreni (Sa)
 
Gesù, caro signor Grieco, come recita con poesia e profezia il Salmo 45, è «il più bello tra i figli dell’uomo». Eppure nella Settimana Santa, con le parole di Isaia (53,2), lo definiamo come Colui che «non ha bellezza né apparenza; l’abbiamo veduto: un volto sfigurato dal dolore». Dieci anni fa il cardinal Joseph Ratzinger, oggi nostro Papa, ci consegnava in un memorabile messaggio per il Meeting dell’Amicizia tra i popoli del 2002 anche questa riflessione sul paradosso della bellezza sconvolta del Verbo che si è fatto carne per noi: «Chi crede in Dio, nel Dio che si è manifestato proprio nelle sembianze alterate di Cristo crocifisso come amore 'sino alla fine' (Gv 13,1) sa che la bellezza è verità e che la verità è bellezza, ma nel Cristo sofferente egli apprende anche che la bellezza della verità comprende offesa, dolore e, sì, anche l’oscuro mistero della morte, e che essa può essere trovata solo nell’accettazione del dolore, e non nell’ignorarlo». Io, caro amico, non ho parole mie per rispondere alla sua domanda ma quelle sagge e profonde della Chiesa. Aggiungo, però, una mia considerazione: ancora oggi, infliggiamo al Figlio che ci è stato dato una sofferenza, che pure non intacca la verità della sua bellezza divina e umana. Ed è il frutto delle nostre 'bruttezze'. A cominciare – mi sento di dire – dalle 'bruttezze' più repellenti per un cattolico, cioè quelle che si manifestano attraverso i tentativi di svuotare o di rendere lontani e incomprensibili il Volto di Cristo e la sua Parola agli uomini e alle donne del nostro tempo. Senza dimenticare le 'bruttezze' che da queste prime discendono, e cioè quelle tese a costruire divisione, sconcerto e addirittura malanimo nella comunità dei credenti, anche attraverso l’arma della ingiusta denigrazione e persino della calunnia nei confronti di altri fratelli di fede. Sono, purtroppo, tentazioni ricorrenti ed errori sempre in agguato. Sono peccati antichi. Ma il generoso magistero dei Papi – e in particolare, oggi, la testimonianza limpida e forte di Benedetto XVI e le sue scelte nell’indicarci riferimenti e voci affidabili – ci è di guida e di conforto sulla via della gioia e della coerenza cristiane. Che è via alla bellezza di Dio.