Scelte del potere economico. L'ultimo sfregio: limitato il fido alla Coop accogliente
Questa volta la notizia arriva da una città del profondo Nord. La protagonista è la filiale locale piemontese della Banca Popolare di Puglia e Basilicata, una banca di medie dimensioni che ha, come si intende dal nome, le sue radici altrove. Il bersaglio è una cooperativa che si occupa di gestione di servizi per i rifugiati, senza essere mai stata coinvolta in storie di mala accoglienza, da tempo cliente della banca. Qualche giorno fa i dirigenti della cooperativa hanno ricevuto un’algida missiva da parte del loro istituto bancario: sospensione delle linee di credito «a causa della Vs. appartenenza ad un settore merceologico non gradito da Policy».
La banca ha deciso di chiudere i rubinetti del finanziamento non perché la cooperativa si sia macchiata di comportamenti censurabili, o perché si prevede che il settore sia destinato a entrare in crisi a seguito della stretta sull’accoglienza. No, la motivazione è che la policy dell’Istituto bancario non gradisce intrattenere rapporti con il «settore merceologico» dei servizi per i rifugiati in Italia. A parte configurare l’accoglienza di persone in difficoltà come una qualunque categoria di merci, colpisce che il lavoro con i rifugiati venga posto sullo stesso piano del traffico d’armi o del gioco d’azzardo o di altre attività economiche socialmente stigmatizzate, e con buone ragioni: quei settori di attività di cui da tempo i movimenti dei consumatori chiedono il bando e da cui le banche eticamente più responsabili hanno cominciato a prendere le distanze.
L’episodio suscita almeno tre riflessioni. La prima riguarda il rapporto tra economia e politica. Già l’avvocato Gianni Agnelli a suo tempo ammetteva francamente che gli imprenditori erano «filogovernativi per definizione». Hanno bisogno di tenere buoni rapporti con i governi in carica, hanno molti dossier che richiedono il beneplacito del potere politico. Nella banca in questione qualcuno, evidentemente con il potere di farlo, deve aver pensato che era conveniente allinearsi al governo in carica e alle sue visioni dei diritti umani e dell’asilo.
Fare atto di omaggio su un terreno su cui la 'cattiveria' riscuote consensi mentre l’accoglienza è impopolare. La seconda questione riguarda lo zelo nell'applicazione dei criteri di policy. Nelle organizzazioni c’è sempre qualcuno che fiuta il vento che tira e per non sbagliare si mostra più realista del re. La terza e più seria questione riguarda il destino del sistema di accoglienza. Se la policy aziendale di questa banca si generalizzasse, il sistema di accoglienza dei rifugiati, già sotto pressione per gli accordi con i 'signori della guerra' libici e per le politiche restrittive 'a prescindere' del governo giallo-verde, sarebbe destinato a chiudere. In altri termini in Italia non si accoglierebbero più rifugiati, se non forse in qualche centro direttamente gestito dal governo. La sospensione del credito taglia le gambe a qualunque attività che implichi movimento di denaro, a partire dal pagamento degli stipendi. Si tratta quindi di un caso da manuale di politica di negazione dei diritti attuata per via indiretta, grazie alla collaborazione fattiva di attori privati che si incaricano di trarre le conseguenze degli indirizzi governativi. Prendendo privatamente misure che un governo democratico non può assumere. Una situazione che ricorda certi boicottaggi nel Sud degli Stati Uniti per fermare l’emancipazione degli afroamericani. Vogliamo sperare che il sistema bancario nel suo complesso non segua questo esempio sbagliato, anzi sbagliatissimo, e mantenga i suoi impegni anche sul fronte dell’accoglienza umanitaria. Etica, politica ed economia sono legate, anche se spesso facciamo davvero di tutto per far credere il contrario.
Sociologo, Università di Milano e Cnel