L'emozionante pietà (forse) di Hemingway e la libertà delle donne da bisogno e morte
Caro direttore,
si narra che il grande scrittore americano Ernest Hemingway sia stato un giorno sfidato per scommessa a scrivere un racconto, capace di commuovere tutti i lettori, in un numero limitatissimo di parole: diciamo, meno di dieci. Oh, me ne basteranno sei, rispose l’autore de “Il Vecchio e il Mare”: eccole. For Sale. Baby Shoes. Never Worn (In vendita. Scarpine per neonato. Mai usate ndr). Ovviamente vinse la scommessa. Chi poteva non commuoversi alla vicenda, che le sei parole lasciano appena intravedere, di un povero genitore, probabilmente indebitatosi per comprare le scarpette al figlio, e che, alla scomparsa di questi, si vede costretto dalla miseria all’ultima vergogna, quella di cercare di rivenderle? Ho letto, non senza una certa delusione, che gli studiosi ritengono apocrifa questa bella storia; ma in fondo non è un gran male. Intanto, perché la fama di un Premio Nobel come Hemingway non può essere certo modificata da un aneddoto. Ma soprattutto perché al giorno d’oggi la scommessa non sarebbe stata vinta: infatti le storie di morte e di miseria non riescono più a commuovere tutti. Non solo, ma si arriva al punto che quando un Comune (in questo caso quello di Iseo) decide di offrire un aiuto, per quanto piccolo, alle donne che sono tentate di abortire – e quante sono spinte a farlo, non per affermare chissà quale astratto “diritto”, ma per pura e semplice paura della povertà – molti esponenti, assai in vista, della politica e dei mezzi di informazione si sentono in dovere di gridare contro «l’ennesimo attacco alla libertà di scelta della donne» (sic). La miseria, come nel caso del protagonista del racconto dello pseudo-Hemingway, scelte non ne lascia; e, come è stato molto bene detto nell’editoriale di venerdì 9 ottobre a firma di Antonella Mariani, la vera libertà si trova nel sentirsi oggetto non di una elemosina, ma di umana solidarietà. Non intendo ovviamente usare questo argomento contro i sostenitori della parte che ha contestato il provvedimento del Comune di Iseo. Del resto, se volessero, essi potrebbero usare lo stesso esempio contro certi sostenitori delle parti opposte, che non riescono a commuoversi per i bambini annegati durante la fuga dai lager libici. “Avvenire”, come lei ha scritto domenica scorsa, 11 ottobre, ricordandoci che «ogni giusta battaglia basta a se stessa», non ha mai fatto – men che meno sul tema della vita – questioni di coccarde o bandierine, ed è per questo che lo leggo. Vi ringrazio e vi saluto cordialmente.
Meglio di così non si può dire, caro signor Fabri. Meglio di così non si può essere letti e compresi.