Opinioni

Testimonianze. Gino Cecchettin, Bruno Verzeni, padri che non cedono all'odio

Riccardo Maccioni mercoledì 7 agosto 2024

Di primo acchito ti viene da pensare che non siano persone normali, fatte di lacrime e sangue come tutti noi. Devono avere qualcosa dentro, magari un chip guidato da fuori che li rende diversi dagli altri. Perché non odiare, addirittura perdonare chi ti uccide l’amore va oltre le capacità umane. E per un padre, una madre non esiste amore più grande di un figlio, la sola idea di non vederlo più e non sentirne la voce, toglie il fiato, spegne la mente, fa impazzire. Però esiste anche un rovescio della medaglia, c’è chi proprio in virtù di quell’amore assassinato, per non smarrirne l’eredità, impara ad andare avanti, prova a trasfigurare la sofferenza, riesce a non cercare e chiedere vendetta.
È la storia che in questi giorni stanno scrivendo Gino Cecchettin e Bruno Verzeni. Gino è il padre di Giulia, la studentessa di 22 anni uccisa l’11 novembre scorso da Filippo Turetta l’ex fidanzato che non si rassegnava a perderla. Di fronte alle frasi, intercettate in carcere, del padre dell’omicida che cercava di consolare il figlio, nessun commento rabbioso, una semplice, ma chissà quanto difficile, sospensione di giudizio: inutile pubblicare quei dialoghi (come tra l’altro avevamo scritto anche noi su Avvenire). E poi, «non sta a me giudicare l’operato di un altro papà, quindi non lo giudicherò». Nessuno sguardo indietro, anche se la tentazione è forte, ma la volontà di guardare oltre, di diffondere il sorriso della figlia e così mantenerla presente, almeno nel cuore di chi l’ha conosciuta. «Ho deciso di donare un po’ Giulia» spiega Gino Cecchettin, intendendo il libro da mesi in classifica e l’avvio di un progetto per aiutare le donne vittime di violenza.
Il segreto dunque sta proprio lì, nel tentare di non ridurre l’amore a ricordo ma consentirgli di respirare, forse di crescere. Perché l’amore dona vita, non la toglie, e chi dice il contrario o è bugiardo sapendo di esserlo, oppure troppo fragile per poter sopportare un dolore più grande di lui.
Non è il caso di Bruno Verzeni, il padre di Sharon, la 33enne uccisa nella notte tra il 29 e 30 luglio a Terno d’Isola, nella Bergamasca. «Non provo nessun sentimento di rancore, odio o vendetta – ha spiegato – anche se dovrei essere il papà più arrabbiato del mondo». E poi: a me e alla mia famiglia «la forza per andare avanti arriva dalla nostra fede e dalla nostra Sharon». Eccolo, dunque, il chip che cambia, che trasforma se non la realtà almeno il modo di guardarla. Non una guida eterodiretta ma un filo spirituale, uno scandaglio che spinge in fondo dentro sé stessi fino ai recessi più nascosti del cuore, dove si decide chi sei e a chi donare la tua libertà. La scelta è tra il buio e la luce, anche se per ogni decisione esiste un’infinità di chiaroscuri e a volte la notte è in realtà solo un velo sottile che copre i primi raggi di sole. La fede aiuta a togliere quella copertina, ti fa immaginare la fine del tunnel quando sembra senza via di uscita, è un sussurro di pace capace di coprire il fragore inquietante della guerra. Non è magia, non cancella la sofferenza ma se ne percorri le strade, se frequenti la forza umile della preghiera, impari a ragionare come Dio, apri le porte alla sua volontà, che poi è la vocazione alla felicità cui sono chiamati tutti gli uomini. Il Signore, infatti, non promette al profeta di liberarlo dai suoi fastidi o di risolvere ogni problema ma solo di esserci: io sarò con te sempre. Una garanzia che vale più di ogni assicurazione umana, perché significa essere circondati dall’amore, che non chiama all’odio, alla rappresaglia, alla violenza ma alla vita. E che, come sinonimo, ha misericordia, cioè, per dirla con Giovanni Paolo II, amore che va incontro all’uomo sofferente, amore che sostiene, rialza, invita alla fiducia. E che per Gino ha il volto di Giulia, per Bruno quello di Sharon. La cui eredità di figlie è vita da far germogliare e crescere, non da soffocare sotto il peso dell’odio e della vendetta, per quanto comprensibili possano essere. In risposta ai confini scivolosi e impauriti della vendetta i due genitori hanno scelto un respiro di eternità, purificato dalla sofferenza. La più terribile e umana che ci possa essere. E per questo particolarmente cara al cuore di Dio.