L'amaro buongiorno e il serio allarme di un albero secolare delle nostre città
Caro direttore,
oggi scrivo a lei e a ogni cittadino italiano. Buongiorno, sono un albero secolare che rallegra il tuo paesaggio, i tuoi polmoni, le tue narici con il profumo che emano e ti regalo refrigerio con la mia ombra e mi chiamo Cedro del Libano. Non sono un albero “autoctono”, come spesso, in modo dispregiativo, molti mi definiscono, ma sono stato piantato nell’Ottocento nei giardini più belli e importanti d’Italia, poi nelle piazze e nei parchi pubblici, nelle scuole elementari e poi nei giardini delle case degli italiani negli anni Cinquanta e Sessanta, quando si pensava che piantare un albero ad alto fusto fosse un pensiero e un gesto di Bene Comune per abbellire il paesaggio e profumare l’aria di tutti. Oggi dall’alto dei miei rami vedo sempre meno miei fratelli; negli ultimi vent’anni ne sono stati abbattuti moltissimi, pochi perché ammalati, molti per scelta economica, troppo alto il costo di potatura annuale, molti i rischi di caduta sia per fenomeni legati ai cambiamenti climatici sia, purtroppo spesso, perché potati male e per la mancanza di amore causata (specialmente nei giardini privati) dalla caduta dei miei aghi che, se non raccolti, possono provocare intasamenti alle fogne e alle grondaie; si preferisce tagliarmi che accudirmi. Ora piango, credo che entro pochi anni mi toglieranno di mezzo, anche se non sarò ammalato, e così succederà a tutti i miei fratelli che risplendono su tutto il territorio italiano, cambiando la bellezza del nostro paesaggio e la qualità dell’aria nei territori urbani, senza più piante ad alto fusto...
Enrico Reverberi, Reggio EmiliaMentre la Terra continua a riscaldarsi, ci stiamo abituando a considerare un lusso che non possiamo permetterci la cura delle piante che da decenni e persino da secoli ornano, purificano, profumano, ombreggiano e rinfrescano le strade, gli spazi aperti, l’aria stessa delle nostre città. E dico “ci stiamo” perché la cosa pesa soprattutto sulle spalle di coloro che devono far tornare i conti dei bilanci comunali, ma anche su quelle di noi cittadini e cittadine. È un errore gravissimo di cui sono testimone anch’io che vivo, in andirivieni, tra Milano e Roma. Grazie, caro amico, per essersi immedesimato in un albero grande e prezioso. Segnalo anche a lei che non tutti si rassegnano a questo andazzo. Ci sono Comuni che hanno cura del verde urbano, monumentale e no. E ci sono iniziative come quella che propone di piantare, non a casaccio ma secondo un progetto, 60 milioni di alberi (uno per ogni italiano) nei nostri luoghi di vita. È stato promossa nel 2019 dai Comitati Laudato si’ e rilanciata nel 2020, in piena emergenza Covid, con la creazione della Fondazione AlberItalia (https://www.alberitalia.it). È una strada da percorrere con decisione. La società civile può fare davvero moltissimo per accompagnare e sospingere chi, a tutti i livelli, guida e amministra le nostre comunità a far pace anche nelle relazioni con la natura di cui siamo parte, sebbene tendiamo troppo a dimenticarcene...