Opinioni

Ru486. L'aborto nei consultori stravolge la legge 194

Marina Casini Bandini giovedì 20 agosto 2020

Caro direttore, non è accettabile il coinvolgimento dei consultori nella pratica dell’aborto in generale e mediante Ru486 in particolare. 'Avvenire' ha fatto un’opera di indagine e di informazione preziosa per rendere evidente il cozzo tra linee guida sull’aborto chimico e normativa vigente. E chi ritiene il contrario non conosce la legge 194, l’ha letta male o a senso unico. Eppure chi le scrive è tra coloro che ritengono la 194 integralmente iniqua. Però, no.

Nei consultori, l’aborto no. Lo dicono gli articoli 8 e 2 della legge 194. Nell’articolo 8 tra i presìdi sanitari che hanno la facoltà di effettuare interventi abortivi non vengono in alcun modo indicati i consultori e la funzione consultoriale è descritta nell’art. 2 della legge come strettamente alternativa all’esecuzione degli aborti. La lettera D dell’art. 2 riassume i compiti dei consultori precedentemente elencati, affermando che essi assistono la gestante «contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza ». Si tratta chiaramente di un compito alternativo a quello di effettuare l’Ivg. Nei precedenti punti dello stesso art. 2 niente contraddice questa disposizione.

La lettera C prevede che l’assistenza debba essere effettuata «attuando direttamente o proponendo all’ente locale competente o alle strutture sociali operanti sul territorio speciali interventi quando la gravidanza o la maternità creino problemi per i quali risultano inadeguati i normali interventi di cui alla lettera A». È evidente che sono attribuiti al consultorio compiti attivi tutti in direzione della prosecuzione della gravidanza, affinché non sia lasciato niente di intentato per far nascere il figlio. Le lettere A e B attribuiscono al consultorio compiti informativi «sui diritti a lei spettanti in base alla legislazione statale e regionale e sui servizi sociali, sanitari e assistenziali concretamente offerti dalle strutture operanti nel territorio» (lettera B) e «sulle modalità idonee ad ottenere il rispetto delle norme sulla legislazione del lavoro a tutela della gestante» (lettera B). Queste informazioni hanno l’unico obiettivo di favorire la prosecuzione della gravidanza. Certo, quanto scritto alla lettera A riguarda anche informazioni relative all’aborto, ma non in modo esclusivo, comunque esse non implicano affatto l’obbligo di effettuarlo. Le possibili informazioni su di esso non implicano alcun impegno per il consultorio a farsi carico delle 'Ivg'.

Si consideri, poi, che secondo la successiva lettera C al consultorio sono imposte invece azioni positive direttamente volte a rimuovere le difficoltà della gravidanza quando «risultino inadeguati i normali interventi di cui alla lettera A». Dunque, anche l’interpretazione sistematica conduce alla conclusione che tutti i compiti del consultorio sono misurati sulla prevenzione postconcezionale dell’aborto: anche le informazioni indicate sub A hanno lo scopo di evitare l’Ivg. Se ne ha una conferma valorizzando l’incipit dell’art. 2: «I consultori familiari istituiti dalla legge 29 luglio 1975 n. 405, fermo restando quanto stabilito dalla stessa legge, assistono la donna in stato di gravidanza ». Orbene, l’art. 1 della citata legge 405/75 impone ai consultori «la tutela della salute della donna e del prodotto del concepimento ». Chiaramente la salute del figlio viene tutelata insieme a quella della madre. La perdita della vita non è certo un modo di tutelare la salute. In sede interpretativa è significativa anche la facoltà dei consultori prevista dal medesimo art. 2 della legge 194 di «avvalersi per i fini previsti dalla legge della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita». Infine, è opportuno ricordare che durante l’iter parlamentare che ha portato alla legge 194, i compiti dei consultori furono spostati dall’art. 15 all’articolo 2 per mostrare in apertura che lo Stato aveva comunque a cuore la tutela della vita nascente. È l’ora di dimostrare se questo intento era vero e allora ai consultori pensiamoci, sì, ma per una riforma legislativa che li ponga chiaramente ed effettivamente a servizio della vita nascente e della maternità.

Presidente nazionale del Movimento per la Vita italiano

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