L'analisi. Kamala Harris si colloca al centro. Il suo discorso anche “al femminile”
Per la gente. Per essere presidente di tutti. Così Kamala Harris ha accettato ufficialmente la candidatura con un discorso durato la metà di quello pronunciato da Donald Trump a Milwaukee in luglio. Dal palco della convention di Chicago, l’ex procuratrice generale della California ha rivendicato il suo essere dalla parte del popolo, come ha agito nell’ambito della giustizia in nome del popolo americano.
Non un eloquio trascinante o una retorica ammaliante alla Obama, ma un discorso – lo si dice senza nessuna connotazione sessista – con marcati accenti femminili. È la seconda donna che arriva alla sfida finale per la Casa Bianca e Harris ha intessuto la sua presentazione ufficiale al Paese di ricordi familiari, di richiami al buon senso e all’inclusione, di un’etica della vicinanza e della cura che non entrano spesso nell’oratoria politica e che sono anni luce lontani dai proclami e dai toni usati dal suo rivale repubblicano.
«Quando ero al liceo, ho iniziato a notare qualcosa nella mia migliore amica Wanda – ha raccontato -. Era triste a scuola. E c'erano momenti in cui non voleva tornare a casa. Così, un giorno, le ho chiesto se andasse tutto bene. E mi ha confidato che stava subendo abusi sessuali da parte del suo patrigno. Le ho detto subito che doveva venire a stare con noi. E lo ha fatto». Fu anche questa una delle motivazioni che convinse l’attuale vicepresidente a entrare nella magistratura, per difendere i deboli e gli sfruttati.
Kamala Harris e il marito Doug alla Convention di Chicago - ANSA
Harris, con il suo intervento, aveva soprattutto il compito di farsi conoscere, di raccontare la sua storia dentro la cornice di una festosa kermesse chiamata a fare dimenticare la dolorosa e improvvisa frattura nel campo democratico, provocata dalla forzata uscita dalla corsa di Joe Biden.
Anche i punti di debolezza di Harris sono stati sfruttati nello spettacolo della convention, gremita di celebrità del cinema, della musica e dello sport. A partire da un siparietto con le nipotine per dire all’America come si pronuncia il suo nome di battesimo – si scrive Kamala ma si legge “comma-la”, come “comma” (virgola, in inglese) e “la”, la nota musicale.
I repubblicani più aggressivi giocano a storpiarlo; che si debba fare una lezioncina su come dirlo correttamente è un segno che c’era (e forse c’è) ancora da fare per renderla una figura familiare a tutti gli elettori.
D’altra parte, il cambio brusco e traumatico di candidatura nel campo democratico non è qualcosa che può essere metabolizzato in poche settimane senza qualche strascico. La convention è stata quindi tutta incentrata sul carattere e sulla storia di Kamala. Come ha scritto l’“Economist”, ora gli americani non solo sanno che è coraggiosa, gentile e dedita a servire il Paese, ma anche che ha lavorato da McDonald's e che ogni anno prende in giro l’amato marito Doug – proprio ieri hanno festeggiato il decimo anniversario di matrimonio - riproducendo il messaggio vocale sconclusionato che lui le lasciò per chiederle un primo appuntamento.
Harris ha detto che Trump non si fida delle donne, lei invece lo fa. Per questo ha insistito molto sulle libertà e sui diritti, con un’enfasi particolare sulla possibilità di scelta in termini di aborto, un tema divisivo che certamente trova consensi nella sua base e riavvicina una fetta del partito, ma può alienarle i voti dei credenti e di elettori “indipendenti”, chiave per la vittoria finale.
La rappresentante della classe media, in prima linea per aiutare e sostenere la classe media – anche coloro che Hillary Clinton sciaguratamente denigrò per la loro bassa istruzione e i loro gusti non raffinati – può adesso sfidare Trump sul suo terreno principale. Quello che il tycoon sta in parte abbandonando, proprio perché vede un’avversaria credibile su quel terreno, mentre torna a corteggiare i miliardari alla Elon Musk.
Harris promette di essere una leader che conduce verso il futuro – slogan non particolarmente originale – ma che ascolta. Sta qui la chiave, per ora, della sua possibile rimonta verso la vittoria. Una candidata solida che non spaventa e non farà colpi di testa. Che è una di noi e non vuole sfruttare il potere per i suoi interessi. Soprattutto perché, finora, non si è sbilanciata sulle politiche che intende adottare. Certo, qualcosa su economia e politica estera nel discorso ha detto.
Tutto molto in continuità con la linea Biden (tralasciando i problemi lasciati aperti dall’Amministrazione di cui lei fa parte). E qui sono arrivate nella notte le critiche più incisive da parte dello stesso Trump. Ha dimenticato troppo cose, ha detto il rivale. E lo stesso “Economist”, voce non trumpiana ma non sedotta dalla musica e dalle ovazioni della convention, ha sottolineato come l’esponente democratica, per rafforzare le sue aspirazioni alla Casa Bianca, dovrebbe anche srotolare un unico filo conduttore che vada dalla sua biografia ai suoi principi e mostrare come questo porti a un programma di governo. «Si può desiderare ardentemente che Harris vinca contro Trump e nello stesso tempo chiedersi quanto sarebbe capace di gestire l’incarico».
Una domanda che dopo il discorso di accettazione resta aperta. Tuttavia, il primo passo per “Comma-la” era conquistarsi visibilità, rispetto e affetto. Un risultato che nella notte di Chicago probabilmente è stato raggiunto.