Il direttore risponde. Quell'irresistibile buon esempio
Renato Ceroni
Potrei riempire questa pagina e continuare nei prossimi giorni, a puntate, elencando nomi di vescovi, preti, religiosi e religiose che vivono come lei dice e non come in un romanzo, ma secondo il vangelo. E potrei fare nomi e nomi di “curiali” che vivono esattamente nello stesso essenziale modo, onorando il loro servizio e corrispondendo con umiltà e coraggio alla loro vocazione. Senza che nessuno regali loro titoli di giornale. Intendo dire, caro signor Ceroni, che la quasi totalità delle persone consacrate a Dio e ai fratelli, vivono in povertà personale e usando poveramente (cioè non per sé, ma per bene) delle risorse e delle strutture ecclesiali e di tutto ciò che la generosità di tanti offre, tramite loro, a quelli che chiamiamo “ultimi”. Conosco direttamente persone e opere o ho avuto modo di scoprirle attraverso quel passaparola che non è solo un veicolo di pettegolezzi e altri malevoli “si dice”, ma anche lo storico e popolare “mass media” della buona vita, della buona volontà e della buona testimonianza. Un circuito positivo che cerchiamo di alimentare anche noi, sulle pagine di questo giornale, attraverso storie ed esperienze concrete di annuncio e di solidarietà. Le conosco come conosco tanti cristiani buoni e – come lei – esigenti prima di tutto con se stessi, tanti altri cristiani poco o nulla praticanti e persino uomini e donne non credenti che si fidano totalmente (e sovente esclusivamente) della Chiesa per le loro opere di bene, per l’aiuto da destinare senza fanfare e con sicurezza di risultato ai veri poveri. Qualcuno, caro amico, quando dico e scrivo questo, sostiene che lo faccio per dovere d’ufficio, perché oggi dirigo un giornale d’ispirazione cattolica. Invece, lo faccio da una vita e semplicemente perché è vero. Così com’è vero che alcuni, anche nella nostra Chiesa, in vario modo non si dimostrano – o non si sono dimostrati – all’altezza della propria vocazione e della testimonianza dei loro confratelli (e quando dico questo, caro amico, penso anche a noi laici) . Ma è un fatto che i buoni esempi, per quanto snobbati e persino distorti, sono infinitamente di più. Per questo è bene che le strutture di servizio ecclesiale – e la curia romana, come ogni altra curia, questo è – tornino a essere di nuovo capite (ma, prima ancora, percepite) dai fedeli e da chiunque altro secondo il metro loro proprio, senza possibilità di equivoci. Credo, insomma, che il monito da lei citato – l’originale è di Nostro Signore ed è riferito a certi sentenziosi e autoproclamati “giusti”: «Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno» (Matteo 23, 3) – sia utile a tanti. Prezioso nella comunità cristiana e altrove, anche nelle redazioni dei giornali. Ma soprattutto continuo a credere che il limpido e coinvolgente buon esempio che viene dal Papa sia irresistibile, anche per quelli che non conoscono bene la Chiesa o si fanno abbattere dai cattivi esempi o subiscono gli effetti di un’informazione che a lungo si è nutrita solo di negatività vere o presunte. Anche in questo, però, mi pare che qualcosa stia cambiando. E, forse, ci si può leggere un piccolo grande segno dei tempi.