Opinioni

Il primo grande duello Trump-Biden. Iroso assaggio di declino in mondovisione

Andrea Lavazza giovedì 1 ottobre 2020

Messaggi pubblicitari hanno più volte sfruttato una situazione in cui il protagonista dello spot è messo di fronte a un’alternativa di acquisto e spiazza lo spettatore dicendo: «Li prendo entrambi! ». Davanti allo spettacolo offerto dai candidati alla Casa Bianca nel loro primo confronto pubblico, si è tentati dall’affermare l’opposto: «Non voto nessuno dei due!». Non si attendeva nessuna svolta nella campagna elettorale dal faccia a faccia di Cleveland, eppure una sorpresa è arrivata. In pochi avrebbero infatti scommesso che il livello del dibattito scendesse così in basso, ridotto, visto dall’Italia, a un talk show nostrano con ospiti di non chiara fama più interessati alla rissa che a trasmettere un messaggio preciso e meditato.

Quasi inutile almanaccare su chi abbia vinto la sfida (ce ne saranno comunque altre due, oltre a quella fra i candidati vicepresidenti), ognuno ha recitato una caricatura di se stesso, e in questo senso Donald Trump risulta più 'vero' ed efficace. Joe Biden non ha cavalcato i temi che potevano mettere in difficoltà il leader in carica (gestione della pandemia e tasse probabilmente eluse) né ha giocato bene quelli che dovrebbero essere i suoi assi (dalla questione razziale alla difesa dell’ambiente).

Il pubblico ha avuto conferma che la scelta è fra due profili e due culture molto diverse, ma non è riuscito ad avere notizie di proposte o programmi; ha capito che due Americhe si fronteggiano senza provare a capirsi; e ha dovuto prendere nota che l’incattivirsi e imbarbarirsi della vita politica ha fagocitato anche i buoni propositi del candidato democratico e il suo stile di solito più pacato. Le interruzioni, lo scambio di accuse, le insinuazioni personali e i veri insulti che hanno punteggiato la serata nell’Ohio – Stato conteso e forse decisivo nel voto del 3 novembre – non gioveranno ai candidati, lasceranno piuttosto macerie sul campo politico e nella società americana. Se Trump non ha escluso la possibilità di fare resistenza a seguito di una sconfitta nelle urne, il suo rivale è stato cauto nel condannare le violenze di piazza (che pure ci sono e spaventano tanti elettori) quanto elusivo nel distinguere i diversi tipi di protesta.

Chiunque vinca avrà di fronte una parte di Paese che farà fatica a riconoscere la legittimità del mandato per il capo della prima potenza mondiale. E qui va fatta la seconda, sconfortante notazione. Davanti alle tv e ai monitor dei computer non c’erano solo pensionati di Miami o broker di Wall Street, ma anche cancellerie di Paesi democratici e dittatori sparsi per il mondo, tutti interessati a capire 'che aria tira' a Washington. È vero che non si è parlato di politica estera, se non per i ripetuti accenni al 'nemico' cinese da parte di Trump e alla Russia 'amica' del presidente da parte di Biden. Eppure, entrambi i contendenti, rissosi ultrasettantenni, non hanno dato per nulla l’impressione di comandanti in capo determinati e rassicuranti.

La diplomazia statunitense oggi è (anche) quella di un Mike Pompeo che rompe il protocollo con un colpo di karate e chiede al Papa di non proseguire il dialogo con Pechino in materia religiosa. Sul tavolo con l’Europa alleata sempre meno convinta ci sono dossier importantissimi, nel mondo crisi si incancreniscono, il Medio Oriente va verso un nuovo assetto (anche grazie alla Casa Bianca), l’emergenza climatica peggiora: che cosa farà la nuova o riconfermata leadership americana? La speranza è che i prossimi duelli pubblici portino alla luce una visione (magari inclusiva) e una volontà di guardare avanti oltre il corpo a corpo elettorale, dal quale il Paese e il mondo intero non possono che uscire acciaccati. Una speranza tenue, in realtà. L’ultimo mese di corsa verso la presidenza sembra ormai instradato su questi temi e su questi toni. E le premesse dell’altra notte ci dicono che il peggio potrebbe ancora venire. Dopo il 3 novembre. Con una coda di ricorsi e di polemiche senza precedenti. Potrebbe essere un ulteriore passo nel declino della democrazia americana di cui abbiamo avuto un assaggio in mondovisione.