Il direttore risponde. «Io, statale serio, offeso e bastonato» Forza: male non fare, paura non avere
Gentile direttore,
sono un lavoratore statale: e già scrivendo queste parole quasi mi vergogno, per la solita campagna mediatica che si sta abbattendo su di noi, preludio, come succede in questi casi a qualche “bastonata” sul nostro groppone. So di essere un onesto lavoratore, in certi periodi in ufficio abbiamo fatto anche le 7 o le 8 di sera (compresa una Vigilia di Natale), in altri periodi obiettivamente c’è meno lavoro, ma comunque faccio sempre il mio dovere. Eppure, di questi tempi, anche al mio indirizzo in quanto membro della categoria “dipendente pubblico” sento da tutte le parti scagliare parole amare è una su tutte: “fannulloni”! Come se non fosse offensiva. A me, invece, ferisce profondamente (ed è così, glielo assicuro, per molti altri colleghi). Ripeto: io lavoro seriamente, e da oltre 30 anni. Ho visto, certamente, persone lavorare pochissimo, ma anche tanti altri lavorare assiduamente. Pensi, poi, che col mio stipendio (di circa 1.500 euro al mese) ho dovuto mantenere per anni (dal 1993) una famiglia di 7 persone, perché mia moglie (maestra) solo nel 2007 è diventata di ruolo. Eppure, veniamo descritti tutti quasi come dei criminali. Mi chiedo: è giusto che ci caccino via dopo 48 ore senza neanche poterci difendere, quando, sappiamo benissimo che ci sono “personaggi” (e non sono pochi) che hanno rubato milioni, e che in tutti questi anni abbiamo visto farla sempre franca? Che Paese è questo, dove ci sono sempre due pesi e due misure, tra potenti e no. La verità è che noi non contiamo niente e nei periodi di “magra” siamo un ottimo osso da spolpare (fino al midollo). Mi scuso per lo sfogo e la ringrazio.