Caro direttore, nell’anniversario della tragedia di Lampedusa, sento il dovere di intervenire in difesa dell’Italia e della missione umanitaria Mare Nostrum. Lo faccio convintamente di fronte allo straordinario impegno del nostro Paese, delle sue forze armate e dei suoi volontari che in un anno hanno evitato il ripetersi di quel dramma e ha strappato all’annegamento centinaia di vite umane. Lampedusa è anche il punto profetico dal quale è cominciato il magistero di papa Francesco, una scelta forte, che forse più forte non poteva essere. E Mare Nostrum è stata la risposta, altrettanto forte che l ’Italia, il Paese che accoglie il Papa, ha voluto mettere in campo. Non parole, discorsi o annunci. Ma fatti, e fatti concreti. Per centinaia di persone, e migliaia di famiglie, l’Italia è diventata sinonimo di vita, non in termini astratti o retorici; grazie all’Italia quelle persone, quelle donne e quei bambini sono vivi e non sono morti. Eppure, man mano che ci si è allontanati nel tempo dalle immagini terribili di quella tragedia, il clima sul tema, nel nostro Paese, si è rovesciato. Le stesse voci che, giustamente, giudicavano inaccettabile l’immagine delle bare nel piccolo hangar dell’aeroporto di Lampedusa hanno cominciato a tramutarsi in silenzi imbarazzati e poi in indignazione per un flusso di migranti giudicato insopportabile nel nostro Paese. Oggi alza la voce chi vuol far passare l’idea, profondamente sbagliata, che Mare Nostrum sia la causa dei flussi migratori verso l’Italia. Non è così. I flussi migratori dal Mediterraneo, che sono peraltro molto più ridotti rispetto a quelli che raggiungono i Paesi nordeuropei via terra, sono figli non di Mare Nostrum bensì degli sconvolgimenti geopolitici che non cessano di scuotere il Nord Africa e il Medio Oriente. Il fallimento totale della transizione in Libia, la guerra in Siria e in Iraq, il corno d’Africa sempre più instabile sono solo alcuni dei capitoli di una recrudescenza di conflitti generatori di milioni di profughi e di rifugiati che ingrossano quei flussi migratori fino a ieri composti in massima parte da migranti per ragioni economiche. Oggi sono i rifugiati e richiedenti asilo che crescono e a essi il nostro sistema fatica a dare quelle risposte che per il diritto internazionale siamo invece chiamati a dare. Nonostante ciò, con facile demagogia politica, si tenta da alcune parti a fare risalire a Mare Nostrum ogni avvenimento criminoso che riguarda gli immigrati in Italia. Passa il messaggio, e la legge della comunicazione moderna ci dice che un messaggio – anche non vero, ma ripetuto incessantemente – se non viene smentito e bloccato, alla fine diventa verosimile e quindi vero. Bisogna smentirlo quel messaggio, con forza. Anche se parlando di questi argomenti si teme di perdere voti. Il silenzio diventerebbe complice e dunque colpevole. Voglio qui usare l’ospitalità di 'Avvenire', giornale che su questi temi si batte incessantemente, per dire con forza quanto quella affermazione sia sbagliata e soprattutto ingiusta nei confronti di tutti quei nostri connazionali che tramite Mare Nostrum hanno salvato le vite di tanti migranti. Il problema semmai è che se si cede il campo alle posizioni demagogiche che fanno leva sulla paura del diverso non si riesce ad affrontare un tema serio e complicato come quello della gestione dei flussi migratori. Quegli stessi flussi che il fallimento di molte primavere arabe hanno fatto crescere a dismisura. E qui purtroppo dobbiamo verificare come Mare Nostrum non sia riuscito a raggiungere il suo secondo grande obiettivo che era, oltre all’impegno umanitario per il salvataggio di più vite umane possibile, quello di contribuire a far cambiare linea all’Unione Europea. Perché nessuno aveva l’illusione di pensare che Mare Nostrum da solo risolvesse il problema. Era ed è una soluzione transitoria in vista di una nuova politica europea che tarda a vedere la luce. Nella Ue non si è andati oltre una peraltro seria e concreta vicinanza e collaborazione da parte della Commissione nei giorni immediatamente successivi alle tragedie verificatesi nelle acque di Lampedusa prima e di Malta poi. La collaborazione con il primo ministro maltese Muscat è stata molto efficace, e la presidenza di turno dell’Unione sotto la guida del primo ministro greco Antonis Samaras ha rimesso finalmente al centro il tema migranti. Il problema sta, però, nella differenza radicale tra l’approccio 'nordico' e quello dei Paesi mediterranei, con uno scontro quasi valoriale tra i concetti di responsabilità e solidarietà che finiscono con il bloccare l’Unione nella definizione di nuovi paradigmi con cui affrontare fenomeni assolutamente diversi e più complessi rispetto a quelli che eravamo abituati a gestire. Gli strumenti giuridici della Convenzione di Dublino non bastano più. E basta vedere quali sono le risorse assegnate a Frontex, poche decine di milioni di euro per il complesso delle frontiere europee, per rendersi conto dell’inadeguatezza con la quale l’Unione sta gestendo la questione. Rimane soprattutto evidente che il tema è uno di quelli scomodi, che si fa di tutto per nascondere. Immaginando che meno se ne parla meglio è. Eppure, non è così. Le stesse ultime drammatiche evoluzioni della situazione in Medio Oriente lasciano facilmente prevedere nuove ondate migratorie e nuovi problemi. E quindi fondamentale che a Bruxelles si riesca a far evolvere l’attenzione attorno alla questione delle migrazioni verso soluzioni più efficaci e in linea con i valori di solidarietà per i rifugiati e i richiedenti asilo tipici della tradizione europea. Paradossalmente, proprio per il successo di Mare Nostrum, chi vuole fare polemica può tentare di scatenare la demagogia critica sull’operazione stessa. È la contraddizione del nostro tempo. L’impatto della comunicazione è violento, se immediato. Subito dopo la tragedia di Lampedusa, tutta Italia e tutta Europa, sotto choc, chiesero che facessimo qualcosa per evitare il ripetersi di disastri simili. Ma l’emotività, se non alimentata da ragionamenti seri e fatti concreti, finisce con il ridurre solo a sbiadito ricordo quelle terribili immagini di morte dell’anno scorso. Eppure, le file di centinaia di bare – quelle bianche e piccole dei bambini che straziavano il cuore davanti a tutte – non possono essere un ricordo sbiadito di una opinione pubblica distratta, che ora nemmeno riconosce quanto di positivo l’Italia stessa ha fatto per evitare il ripetersi di sciagure simili. Promessa che tra l’altro tutti avevamo fatto agli stessi abitanti di Lampedusa i quali, sindaco Nicolini in testa, chiedevano giustamente di essere aiutati a non trovarsi più a dover affrontare immani drammi.
Il giudizio positivo su Mare Nostrum dell’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati e del mondo delle Ong deve valere da stimolo a renderci conto di quanto invece il nostro Paese possa essere ulteriormente protagonista in questo campo. E di quanto la collocazione geografica nel mezzo del Mediterraneo ci assegni un ruolo che, con piena responsabilità, dobbiamo svolgere. La soluzione non passa dal lasciare i migranti morire annegati al largo delle nostre coste; una scelta simile è ributtante e inaccettabile, e oltretutto non modificherebbe sostanzialmente la situazione. È ormai necessaria una posizione europea molto più profilata, fin quasi alla gestione in loco del fenomeno, nei confronti dei Paesi di origine del flusso migratorio, Libia in primis. Finché questo non accadrà, rimarremo privi di soluzioni veramente efficaci, e continuerà la rincorsa alla demagogia sulla pelle di donne e uomini innocenti, vittime delle terribili contraddizioni di questo tempo.