La sesta parola è: Irrisione. È quella che i nemici del cuore gli riservano. E a volte il cuore riserva a se stesso. Una specie di atteggiamento, di modo di guardare una cosa per annullarne la forza. Per ridurla. Irridere il cuore per non fare i conti con esso. L’irrisione è diversa dalla ironia, perché quest’ultima è un modo obliquo di affrontare una cosa. mentre l’irrisione è un modo per non affrontarla. Ieri su Repubblica nella sua rubrica "L’amaca" l’Arguto Pennino dice che di fronte a un frase come «valorizzare il desiderio più profondo del cuore», lui si sente perso nel vago. Migliaia di ragazzi capiscono quel che l’Arguto Pennino di Repubblica non comprende. Lo capiscono non da oggi ma da migliaia di anni. Ma l’Arguto Pennino no. E se ne vanta pure. Ritiene questa espressione una cosa da «prosa fiammeggiante e misteriosa». E invece di incuriosirsi si mette a dire banalità sopra. Non gli viene da leggere che so Dante, o Dostoevskij o Leopardi o guardare un po’ della millenaria arte umana o sentire un po’ di Beethoven. No, si mette a irridere. Intanto migliaia di persone, da imprenditori a politici, da preti a leader d’altre fedi, da uomini di cultura ad artisti, vengono a Rimini a confrontarsi esattamente su quel desiderio più profondo. Ci viene Tremonti come ci viene Bersani. Ci viene il ragazzo del liceo di Milano come il ragazzino africano. Ma sull’Amaca di Repubblica se ne stanno distesi cullandosi nella loro irrisione. E poi dicono che la cultura di sinistra è in crisi… Allora, siccome l’Arguto Pennino mi sta simpatico dico: scendi dall’amaca dove i venti del successo ti cullano e la prossima volta vieni a farti un giro da queste parti. Vieni a vedere. Sono sicuro che puoi capire, iniziare a comprendere di cosa si tratta. Contro ogni irrisione o autoirrisione che tutti ci tenta. Perché se si cede alla irrisione non c’è scampo, si prosegue tutto irridendo. E invece nessuno desidera veramente vivere così.