Quei morti nel Mare Nostrum. Inghiottiti dall'oblio
Eppure ne sono certa. Sono sicura che domenica mattina ho letto sul web la notizia di un naufragio davanti alla Libia, 61 morti al largo di Zwara, all’alba del 15 dicembre. Venticinque salvati e sessantuno annegati, nonostante gli aerei di Frontex avessero avvistato il barcone. Nessuna nave si trovava sufficientemente vicina a quelle coordinate, nel mare in tempesta. Domenica la notizia apriva i siti di molti quotidiani: ma è lunedì, sono le nove del mattino e il titolo è già scomparso. Scorro sullo smartphone: si parte dalla Manovra, poi i panettoni della Ferragni. Giustamente si torna sui tre ostaggi vittime dell’Esercito israeliano, sulle donne uccise nella parrocchia Sacra Famiglia di Gaza. Subito dopo: una matura soubrette che pretende due facchini all’imbarco, a Fiumicino. Evidentemente cliccatissimo, uno dei primi titoli. Scendo ancora con l’indice su un grande quotidiano. Che è successo ad “Amici”? Il risotto con lo zafferano e quello alla milanese sono la stessa cosa? Ma, il naufragio? Davvero è successo?
Sulla strage del Venerdì Santo, 108 morti tra l’Albania e la Puglia, marzo ‘97, i giornali fecero le prime pagine. Per i 339 annegati nel mare di Lampedusa, ottobre 2013, fu proclamato un giorno di lutto nazionale. Morivano comunque i migranti, ma almeno ce ne accorgevamo, ci fermavamo un istante. Almeno sapevamo che erano uomini, e donne, e bambini. Adesso, niente o quasi. Ci fosse stata una foto di come quella di Alan, 3 anni, siriano, trovato senza vita a Bodrum, che per qualche giorno anni fa ci commosse. Ma chi vuoi facesse foto l’altra notte, in una latitudine lontana da ogni rotta.
Possiamo solo immaginare: un’imbarcazione stracarica, le onde di due metri e mezzo, muri d’acqua che si scaraventano su una barchetta. Possiamo solo immaginare: facciamolo però, questo sforzo. Lo abbiamo visto tutti il mare, almeno da terra, quando è arrabbiato e fa paura, l’eco oscura degli schiaffi sulla costa, le creste bianche che ricadono come a ingoiare chiunque, folle, si avventuri al largo. Ecco, in un mare così pensiamoci con dei bambini in braccio, che piangono e ci si stringono addosso, mentre la barca si inclina e gli assiti forzati scricchiolano. Pensiamo ai ragazzi di vent’anni che pregano e pensano alle madri, cui avevano promesso di tornare. Niente.
Veloce e mobile è il web. Ma non è colpa solo di noi giornalisti. Sono i lettori che determinano la gerarchia delle notizie, aprendole o ignorandole. Come un continuo sondaggio d’opinione: ciò che non viene letto precipita rapidamente, e sparisce. Il naufragio di domenica scompare perché quasi nessuno lo ha cliccato - perché importa a pochi. La realtà si conforma al nostro gradimento: e faccende che chiuderesti con un maleducato ma doveroso “chi se ne frega” impazzano per giorni. Mentre l’omicidio della povera Giulia Cecchettin è diventato in poche ore una fiction: ora per ora quante coltellate, dove, come, l’ha anche strangolata? Una morbosità idolatra dell’audience, cioè dei soldi. Una logica che certo ha sempre governato i media. Ma ora che il gradimento è misurabile all’istante questa logica si è fatta più brutale.
L’attrice che fa le bizze scalza i 61 morti nel Mediterraneo: d’altronde i naufragi non sono cosa nuova, non sono “notizia”. È il Sistema: ma il Sistema siamo noi. Un torpore ci governa, e d’altronde sotto Natale si sa, tutti abbiamo un sacco da fare. Questo torpore fa un po’ di paura. È un ignorare la “guerra” infinita dei migranti, perché pare sempre uguale. La nostra attenzione ha ormai tempi da spot: in fondo la medesima ragione per cui l’Ucraina sembra dimenticata. Ce ne stiamo in una quiete in cui leggiamo solo ciò che ci piace leggere. André Glucksmann, al tempo della guerra in Iraq, diceva: quando non vuoi guardare la guerra, la guerra viene a guardarti negli occhi. Nel ricordarlo pensi a Kiev, ai Paesi confinanti che tremano, a Putin che evoca minaccioso la Finlandia. Ma certo quella di Glucksmann non è una frase che ripeteresti al pranzo di Natale, a guastare la festa. Si tace, si comprano i regali, si mangerà il tacchino. Sessantuno morti? «Non l’ho visto – dice l’amica al telefono – deve essermi sfuggito».