Inaccettabile è il calcolo. Noi tutti e gli aguzzini dei migranti
Accordo disumano. Sono accuse pesanti quelle dell’Onu all’Europa. Forse un’eco destinata a perdersi nel vuoto e nell’incattivimento generale alimentato anche da errori nella gestione dei flussi migratori, ma soprattutto dalle parole d’odio e dalle troppe bufale xenofobe e persino razziste messe in circolo sulla rete e sui media tradizionali da arruffapopolo e politicanti. Eppure le parole pronunciate ieri dell’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, il giordano Zeid Ra’ad al-Hussein, mettono tutti davanti a una realtà che da mesi su queste colonne abbiamo instancabilmente e incessantemente denunciato. Per credersi sicura l’Europa comunitaria e anche l’Italia hanno pagato un prezzo inaccettabile in forza di calcoli altrettanto inaccettabili. La Ue, accordandosi con diverse “autorità” libiche per esternalizzare il controllo delle proprie frontiere nel disarticolato Paese nordafricano e per ridurre gli arrivi di profughi e migranti che stanno inquietando settori dell’opinione pubblica, ha acconsentito a un’operazione disumana e la sta sostenendo.
Anzitutto ha accettato che un numero imprecisato di vite umane – prime vittime donne, bambini e neonati, spesso figli di stupri di massa, come è appena stato denunciato dal vescovo Giancarlo Perego al convegno nazionale dei Centri di aiuto alla vita – venisse sacrificato in mare. Perché la Guardia costiera libica pare decisa a mostrare e dimostrare che sta riducendo a ogni costo le partenze piuttosto che a salvare vite umane. Inoltre a Bruxelles – e a Roma – si sapeva bene che, una volta riportati a terra, quegli “irregolari” sarebbero stati precipitati di nuovo in odissee inenarrabili nei famigerati “centri di detenzione” fuori controllo dove, denuncia l’Alto commissario, «la sofferenza dei migranti è un’offesa alla coscienza dell’umanità».
L’accordo con la Libia, siglato a Roma a febbraio dal governo italiano, non poteva avere effetti diversi perché è stato stipulato con uno Stato fallito e riguarda in sostanza il traffico di esseri umani, il business più lucrativo per i signori della guerra in un Paese privato dei proventi del petrolio e dove si cerca in tutti i modi di sostituirli. Anche se quell’intesa ha portato al dimezzamento degli arrivi e a un’impennata nel numero dei rimpatri volontari dalla Libia (sarebbero 8.000 anche se sulla loro effettiva volontarietà è lecito più di un dubbio), è ormai in tutta evidenza un “patto con il diavolo” perché ha legittimato anche sequestratori e torturatori di persone inermi e in fuga.
Ma tutto questo non era purtroppo previsto e prevedibile? Quello che succede in Libia, è norma anche sulle rotte africane occidentali che portano in Marocco. Accadeva pure nel deserto del Sinai, almeno fino al 2013. Accade in America Latina sulla rotta verso il confine americano o, in Asia, nel deserto dimenticato tra Afghanistan e Iran. Quale governante ignora davvero che i trafficanti trattano ovunque le persone come merci utili a massimizzare sporchi profitti? Chi può dire, in coscienza, di non sapere che i parenti di migranti e profughi devono pagare non solo per far proseguire i viaggi della speranza, ma anche per non far torturare i propri congiunti che, come dimostrano le immagini della Cnn, si arriva senza pudore a mettere all’asta come “schiavi” costretti a lavorare per pagarsi la libertà (mentre tutte le donne sono trattate come bambole da usare e abusare).
Questo è il vero prezzo della sicurezza in Italia e in Europa, come dimostrano anche i tanti report dell’Onu e di centri di ricerca indipendenti raccolti, in una recente ricerca del War&peace studies della Link University di Roma. Tardive, ma necessarie le repliche della Ue e del Parlamento di Strasburgo.
L’organo esecutivo, la Commissione, si dice d’accordo sulla necessità di chiudere i “centri di detenzione” nordafricani, salvo poi eccepire che in Libia la Ue collabora anche con le agenzie umanitarie dell’Onu. Quello parlamentare, attraverso il presidente Antonio Tajani, mette insieme le immagini choc della Cnn e la denuncia partita da Ginevra accomunandole in un unico aggettivo, secco e senza appello: inaccettabile. Nessuno si illude che sia facile cambiare teste e quadro, eppure un sussulto di dignità europeo non guasterebbe, ad esempio implementando i corridoi umanitari e chiudendo i centri di detenzione in Libia. Bisogna smetterla di coprire di fango e di ostacolare nella loro azione umanitaria le Ong e personalità come don Mosè Zerai, colpiti da accuse infamanti finora rimaste senza prova. E bisogna iniziare ad arrestare i “cattivi” veri, ovvero quel diabolico e inafferrabile network di trafficanti (libici, sudanesi, eritrei, egiziani, etiopi) che continua a lucrare su un fenomeno epocale che nessuno vuole affrontare come merita: con chiarezza nei valori, giusta fermezza nelle scelte, e pura e semplice umanità.