Lettere. In San Pietro dalla porta principale grazie a una rampa che non stona
Caro Avvenire,
vivo a Roma e, come ogni anno, qualche giorno prima di Natale, ho fatto una visita alla basilica di San Pietro. Ho parcheggiato l’auto all’inizio di via della Conciliazione e mi sono incamminata verso la piazza. Incamminata non è il termine giusto, diciamo piuttosto che mi sono avviata, perché sono paraplegica, quindi non cammino e mi muovo con una carrozzina. Ho percorso la strada e sono arrivata sulla piazza, poi ho imboccato il colonnato di destra diretta ai piedi della basilica, verso l’ascensore interno che supera il dislivello tra la piazza e il sagrato. Per chi, come me, è in carrozzina, l’ascensore, unica via per evitare la gradinata, segna un’interruzione nel lento cammino che da via della Conciliazione, dopo la piazza e il colonnato, si conclude sotto la cupola michelangiolesca. In questo percorso del corpo e dello spirito, all’ascensore la strada si confonde, il cammino diventa incerto, il raccoglimento si perde: è una cesura. Noi paraplegici ci siamo abituati. Siamo spesso costretti a servirci di accessi di fortuna: porte di servizio, entrate sul retro, ingressi mimetizzati, montacarichi per merci e imballaggi. Invece quest’anno a San Pietro ho trovato una novità inaspettata: una rampa! Non credevo ai miei occhi: una rampa metallica, dipinta di bianco, che dal basso raggiunge l’ingresso della basilica superando con vari tornanti i gradini e i dislivelli. Non è più necessario entrare sotto San Pietro e prendere l’ascensore. Ora c’è una rampa sotto gli occhi di tutti, una rampa che non vuole nascondersi e grida: ci sono anch’io e non ho paura di mal figurare con il colonnato di Bernini e la cupola di Michelangelo! Vorrei dire al caro papa Francesco, che per noi in carrozzina i gradini sono ostacoli insormontabili. Spesso ci dicono che non si possono eliminare, che le rampe deturperebbero monumenti unici al mondo. Grazie di aver messo una rampa a piazza San Pietro. Grazie per aver voluto che potessimo entrare come tutti gli altri, per la stessa strada, dalla stessa porta, senza doverci nascondere.
Chi ha sempre camminato normalmente non può capire. Solo il giorno che provi a muoverti su una carrozzella, o a spingere qualcuno in carrozzella, ti accorgi di quanto le nostre città sono irte di ostacoli insormontabili – ma del tutto invisibili, finché cammini speditamente con i tuoi piedi. Per cominciare quasi nessuna casa, che non sia di recentissima costruzione, ha una portineria che preveda l’accesso ai disabili. Sempre, ineluttabili, ci sono quei cinque o sei gradini per accedere all’ascensore. E già lì, se non ci sono due persone robuste per sollevare di peso il disabile, le possibilità di uscire sono troncate. Poi, i marciapiedi. Quanto spesso mancano degli scivoli per le ruote della carrozzina. È una cosa da niente, è una cosa fondamentale. E, soprattutto, le auto: parcheggiate sui marciapiedi, strozzano il passaggio. Abbandonate sulle strisce pedonali, cosa a Roma frequente, rendono l’attraversamento della strada impossibile. Bisognerebbe, credo, lasciare ogni volta sui parabrezza almeno un biglietto: caro signore, la sua auto ha impedito a un disabile di passare. Perché i sani non si rendono conto, i sani non sanno, finché non provano. È così facile, saltare agilmente su un tram. Ma quanto sono insormontabili quei tre gradini, in carrozzella. Per questo comprendo la gratitudine della signora Rita per la novità che io sana, passando l’altro giorno davanti a San Pietro, nemmeno avevo notato. Semplicemente, una rampa che aggira gli scalini. Davanti alla basilica più famosa del mondo. Sotto gli occhi di tutti. Perché coloro che sono abituati ad «accessi di fortuna, porte di servizio, entrate sul retro, ingressi mimetizzati, montacarichi per merci e imballaggi» entrino finalmente dalla porta principale. Insieme a tutti gli altri. Contro una antica logica del nascondimento di chi è per qualche motivo 'diverso'. Quella per cui si sono fino a poco tempo fa costruite case e uffici e locali inaccessibili a una carrozzella. E magari un inquilino disabile pregava di mettere una pedana, e dall’assemblea condominiale veniva un no, 'rovinerebbe l’estetica dell’atrio'. Se una rampa a San Pietro non rovina il colonnato del Bernini, non rovinerà nemmeno altri anonimi edifici. Anche questo è guardare il mondo anche con gli occhi degli altri, e soprattutto di coloro che troppo a lungo sono stati esclusi. È spalancare le porte, perché cadano le barriere. Almeno, quelle frapposte dalla distratta noncuranza degli uomini. © RIPRODUZIONE RISERVATA La gioia di una lettrice in carrozzella non più costretta a entrare in Basilica con percorsi diversi e prendendo un ascensore. Pure questi interventi sono un guardare il mondo anche con gli occhi degli altri, e soprattutto di coloro che troppo a lungo sono stati esclusi. È spalancare le porte, perché cadano le barriere Le nostre voci