Caro direttore, tra monsignor Galantino e il ministro Alfano, io – laico e agnostico – sto dalla parte di Galantino. Senza se e senza ma. Torno sulla questione, mentre l’Europa confeziona e attiva un nuovo “compact” per tentare di regolare il premere di uomini, di donne e di bambini alle sue porte. Molti vecchi come me, che possono avere avuto responsabilità politiche in passato, oggi si trovano smarriti e senza risposte plausibili di fronte al volto nascosto di tanti “poteri forti”. La questione delle questioni del nostro tempo, è la migrazione ingovernabile che unisce come mai le due sponde del Mediterraneo, tingendolo di rosso. Dove il rosso più acceso è quello della nostra vergogna, persino più del sangue di tanti innocenti. Su questo dramma, due disarmanti semplicità: una è quella di Galantino che allarga le braccia con l’affetto misericordioso del sacerdote e l’altra è quella di chi, con cipiglio urticante, ci dice che lui fa «il ministro». E lascia intendere che certi atteggiamenti “da prete” lui non se li può permettere. Come mi sarebbe piaciuto vedere quel cipiglio quando Alfano siede in Europa con i suoi colleghi, non per litigare sulle quote di migranti, trattati come quote latte (miserabile lettura di questo evento biblico), ma per urlare in faccia all’Europa quanta nostra responsabilità c’è in quelle guerre africane e mediorientali. Responsabilità dell’intera Europa, dell’intero Occidente che con sgradevole ossimoro chiamiamo “cristiano”. Non solo abbiamo un tornaconto immediato nella vendita sottobanco di armi perché le guerre non finiscano mai, ma abbiamo il torto di lunghi silenzi imbarazzati, dopo secoli di razzia coloniale. Razzia che oggi possiamo derubricare a “colonialismo artigianale”, di fronte alla odierna svendita, su grande scala industriale, dell’Africa ai grandi Paesi emergenti che per i loro interessi la stanno rendendo una terra invivibile. In questi silenzi omertosi, ecco le frasi che sembrano ovvie: «Mica possiamo ospitarli tutti», dice Alfano. Certo, ministro. Ma lei, che è appunto ministro, alcune cose le può fare: mandi le navi da crociera a prelevare i poveracci che scappano, certamente pagherebbero volentieri il biglietto intero di prima classe, sarebbe molto più economico delle migliaia di euro pagati alle mafie nostrane e magrebine per questa tratta di schiavi da macello. E se gli «hotspot», ministro, li facessimo sulle navi da crociera, non sarebbe meglio? E non si annunciassero come il prolungamento delle stive invase dalla nafta, dall’orina e dall’odore della morte? Perché l’Europa, questa vigliacca Europa che non ha il coraggio di mettere in discussione alcune potenti rendite di posizione, non comincia a concordare con le parti la riduzione dei nostri guadagni, nel deforestare, nel succhiare dal sottosuolo tutto ciò che possa rendere ancora più grassa la nostra esistenza? Per consentire all’Africa di ritrovare una sua dignitosa e possibile vivibilità? E se qualche volta ascoltassimo anche noi, atei inveterati, agnostici e razionalisti, quelle parole – da vescovo, da prete, da pastore, che non gira la testa da un’altra parte per il puzzo delle sue pecorelle – che ci vengono da chi guarda un po’ più lontano di noi? E se questo ci spingesse a reagire alla suicidaria deriva denatalistica dei nostri Paesi arricchiti male e con insopportabili sperequazioni, per aver confuso il valore delle cose? Chissà che in queste migrazioni di uomini e donne, privi di tutto, ma pieni di speranza e di figli, anche noi non ritroviamo un senso alle nostre vite, alla nostra declinante civiltà.
*Docente di Filosofia della scienza e già parlamentare del Pci e del Partito radicale